L’ansia da prestazione tra le lenzuola è anche una roba da donne

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Forse sembrerà strano a qualcuna, ma l’ansia da prestazione sessuale appartiene anche alle donne. Stereotipi e luoghi comuni la riservano agli uomini, eppure sono moltissime le donne che lamentano una mancanza di piacere nella sfera della sessualità: la causa, molto spesso, è proprio l’ansia da prestazione.

Se nei maschi prevalgono timori relativi alla virilità ed alla capacità di soddisfare la donna, la controparte femminile soffre forme di ansia, irrigidimento, rimuginio mentale continuo, timore relativo alla propria forma fisica. Di solito questi sentimenti di inadeguatezza, tristezza ed allerta non vengono però definiti per quello che in realtà sono: ovvero come “ansia da prestazione”. Proprio così: anche se le donne tipicamente sono più attente alla sfera dei sentimenti e dei vissuti, più concentrate sulla dimensione squisitamente affettiva della relazione, tra le lenzuola è come se abbandonassero questa lunghezza d’onda e si focalizzassero su elementi concreti e materiali. Scatta una propensione alla critica che diventa facilmente autocritica, dove il giudizio assai severo ed implacabile su se stesse invade completamente lo psichismo, bloccando l’esperienza. Invece di coinvolgersi ed abbandonarsi a “sentire” quello che si sta vivendo non si riesce a rimanere pienamente nell’esperienza multisensoriale dell’amplesso, la mente perde il contatto con il corpo, con i sensi e si irrigidisce in un pensiero rimuginante e dubitativo molto privato, avulso dal presente. È un po’ come se in quel momento la donna si ritirasse completamente nello spazio angusto della propria mente razionale, persa nei cavilli delle paure e dei dubbi, letteralmente staccandosi dal proprio corpo e dalla sensualità. Più si rende conto di essere tesa e meno prova piacere, alimentando l’angoscia che l’altro se ne accorga e prenda le distanze e/o a sua volta rimanga insoddisfatto. È facile immaginare dunque come si stabilisca un classico circolo vizioso, dove ogni incontro diventa la prova della propria incapacità e del proprio fallimento in termini di seduttività. Ed il piacere sbiadisce velocemente.

Il rapporto sessuale è una forma di comunicazione molto intima che risponde a regole proprie: è uno scambio dei sensi che proietta in una dimensione dell’esperienza assolutamente particolare, dove possiamo dire che “perdiamo la testa”. L’ansia da prestazione invece ci congela in uno stato che viene definito “spectatoring”, dove restiamo fredde, non coinvolte, non protagoniste ma spettatrici, come se stessimo guardando la scena dall’esterno. Si rimane distaccate e il versante sensuale ed emotivo rimane spento. La mente è oggettiva, in analisi della situazione, ancorata alla critica ed al giudizio, al tentativo di tenere tutto sotto controllo. In un momento in cui, invece, è solo il completo abbandono a spalancare le porte del piacere e dell’orgasmo.

Proviamo ad indagare le cause. La prima fonte di ansia riguarda certamente il proprio aspetto fisico, o meglio, le convinzioni che nutriamo sulla nostra avvenenza. Alcuni sintomi della PCOS possono riflettersi in caratteristiche che definiamo comunemente antiestetiche, che ci portano a concludere che siamo meno belle di quello che sarebbe necessario. Come spesso dichiariamo nelle nostre pagine, il businness ed il consumismo spingono le donne a modellare in modo sempre più deciso le proprie forme sulla base di stereotipi purtroppo realistici soltanto per un ciclo di vita brevissimo, quello della preadolescenza. Quando le forme sono acerbe, sottili, praticamente prive di curve, asciutte. Se le pubblicità vogliono evocare la sensualità ricorrono invece a forme che coniugano in maniera finzionale dei giro-vita sottilissimi a seni prosperosi, con natiche tonde ma cosce piccine. Vi ricordate una famosissima pubblicità di mutandine di alcuni anni fa, dove la ragazza (una giovanissima Michelle Hunzicher) era presa di schiena con slip bianchi? Ricordate che aveva le gambe chiuse ma tra le cosce c’era uno spiraglio di spazio? Era ritoccata con il computer. Eppure ha condizionato il nostro immaginario, come lo colonizzano le migliaia di immagini finte dove campeggiano donne dalle forme perfette che soggiogano uomini muscolosi e virili. Alla fine tutte e tutti pensiamo che per piacere a qualcuno si debba per forza essere così. Non solo è falso: è uno stereotipo che crea un enorme danno psicologico. Il bisogno di essere sempre perfettamente depilate, profumate, magre, appena lavate, fragranti di profumi, fasciate da biancheria sexi ci fa entrare in camera da letto in stato di costante imbarazzo. “Sentirà che mi sono depilata troppi giorni fa?”, “Mi sono lavata abbastanza?” ,“Oddio, spero che non si accorga che ho le mutandine vecchie” ,“Ecco proprio stasera che ho i gambaletti”, “Spero non mi tocchi la pancia o sentirà i rotolini di grasso”, “Il seno è brutto, non devo farmi togliere il reggiseno”. Più siamo insicure e spaventate più ci blocchiamo nel rimuginio mentale. E più ci scolleghiamo da quanto stiamo vivendo. Non siamo nel corpo ma prigioniere del pensiero.

Alcuni disordini ormonali possono influenzare negativamente la libido: accade in alcuni disturbi come la PCOS ma anche come effetto dello stress (perché lo stress incide su tutti i distretti ed i sistemi corporei, anche quelli metabolici ed endocrini: quindi lo stress peggiora il quadro clinico della donne con PCOS). Una certa tensione addominale ed articolare, uno stato di irritabilità a facile faticabilità, l’ipersensibilità delle zone erogene quali senso e vulva/vagina possono generare inquietudine e disagi anche severi. Che aumentano perché le donne si sentono spesso combattute tra la voglia di comunicare l’indisponibilità all’incontro e l’imperativo di concedersi per “dovere” o per paura che l’altro alla lunga si cerchi un’altra donna. Cresce un conflitto interiore che assume le sfumature dell’avvilimento e dell’umiliazione, perché la donna sente di non essere libera di ascoltare i proprio bisogni, ha paura, finisce per sentirsi un oggetto sessuale. Uno stato emotivo molto doloroso che non di rado allontana porta a disertare la sfera della sessualità.

Voglio aggiungere un altro aspetto di natura culturale: è ancora troppo presente il preconcetto secondo il quale il sesso per le donne non sia così importante, mentre rimane essenziale per i maschi. Con buona pace di tutti, è una gran panzana! La sessualità è una funziona primaria nella nostra vita psicocorporea, una delle modalità di comunicazione e di scambio con l’altro, una fonte di benessere. La sessualità è una fonte di salute. E di creatività. Non privatevene. Non accontentatevi di accontentare l’altro. Pretendete il vostro piacere.

Cosa ci può aiutare? Creare spazi di ascolto di se stesse. Cosa ci preoccupa davvero? Cosa ci fa soffrire? Dobbiamo avere il coraggio e l’onestà verso noi stesse di parlarne al/alla partner. Che ci può aiutare molto, dedicando più attenzioni e tempo all’incontro. La psicoterapia è uno strumento di elezione per rigenerare la possibilità di lasciarci andare, che in alcuni casi non abbiamo mai imparato, non ci siamo mai concesse. Per affrontare gli eventuali blocchi: alla base dell’ansia da prestazione possono infatti esserci problematiche di relazione con il maschile o eventi traumatici che hanno sviluppato difese massicce per evitare il coinvolgimento. E la mindfulness è invece lo strumento più efficace per imparare a frenare il rimuginio e stare nel presente. Il godimento è un nostro diritto. Buon sesso a tutte noi!

Autore: Barbara Alessio

Mi chiamo Barbara e sono una psicologa psicoterapeuta psicodiagnosta. Da quasi 25 anni accompagno le persone in percorsi di crescita, cura, sviluppo. Parlo alle donne per aiutarle nel loro cammino, per non lasciarle sole, per ascoltarle, sostenerle, sciogliere i loro dolori e spronarle a prendere in mano la loro vita e la loro salute. Psicologa con iscrizione all'Ordine degli Psicologi del Piemonte n. 1839.