Donne che odiano le donne

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Diciamo la verità: spesso noi donne siamo le peggiori nemiche delle altre donne.Non è raro sentir affermare che “mi trovo meglio coi maschi perché le donne sono stronze”. Proprio così: senza mezzi termini. Ma cosa succede? Soffriamo a causa degli attacchi che le altre ci sferrano: ma noi? Come ci comportiamo nei confronti di chi appartiene al nostro stesso genere?È uno stereotipo o davvero le femmine non riescono ad essere solidali, a fare rete, ad attivare legami riconoscendosi simili, a mettere in campo una solidarietà semplice, vincolata al fatto elementare ma incontrovertibile che si è “dello stesso gruppo”?

Meglio cominciare con un’autoriflessione: come mi comporto io nei confronti delle altre donne? Fatico a comunicare? Le sento spesso ostili? Le ritengo generalmente sciocche e frivole? Mi sento sempre superiore? Che commenti faccio? Come le giudico: dall’abbigliamento? Dal linguaggio? Dal trucco o dall’altezza del tacco?

Purtroppo le ricerche confermano la difficoltà da parte del genere femminile di attivare un sentimento di appartenenza che riconosca le altre donne simili semplicemente sulla base del genere.Per i maschi è spontaneo quel senso di cameratismo quieto che li unisce nelle situazioni di gruppo, eliminando differenze di età, ceto, aspetto e persino status, rinforzando gli elementi comuni.

Per le donne è invece molto difficile riconoscersi appartenenti alla stesso clan: anzi, l’attenzione è immediatamente catturata dalle differenze e dalle singolarità, in un confronto spietato che sfocia nell’esclusione e nel rifiuto, non di rado attraverso la critica, il dileggio, l’insulto.Le femmine non riescono a inglobare tutte le donne in un unico insieme, a riconoscersi parte dello stesso ceppo, della stessa famiglia, del medesimo tipo: e si perdono così l’occasione di sfruttare davvero ed appieno il potenziale terapeutico e creativo che l’energia femminile è in grado di sprigionare. Nonché quella di disattivare le spinte distruttive dell’energia maschile.

L’ “altra” è prima di tutto e sempre una “rivale”. Secoli di patriarcato e di maschilismo ci hanno abituato a dipendere dall’approvazione, dall’attenzione, dalla scelta (e dal sostentamento materiale) di un maschio, che rappresentava il trofeo della guerra che bisognava ingaggiare con le altre e vincere. Mors tua, vita mea.

L’obiettivo è sempre stato quello di primeggiare e sgomitare annientando le avversarie, magnetizzate ed attratte solo dallo sguardo maschile, per ingraziarsi il quale ancora oggi siamo disposte a tutto, spesso anche a mettere a repentaglio la nostra salute, fisica e psicologica. In un rapporto di sudditanza e dipendenza che continua a renderci letteralmente schiave dell’altro sesso: mai libere. Ed in guerra con le altre donne. Che prezzo da pagare!! Per cosa?

Per una solitudine infinita: perchè nello sforzo di compiacere il maschile perdiamo il contatto con il nostro Sé profondo ed autentico, con la nostra voce interiore.E perché non coltiviamo il contatto prezioso con le altre donne, bloccando la trasmissione del sapere antico della tradizione femminile, la possibilità di imparare attraverso l’identificazione con donne interiormente più risolte ed integrate di noi. Interrompiamo il contatto con le radici della saggezza transgenerazionale, limitandoci al rapporto (spesso altrettanto conflittuale e malevolo) con le femmine del cerchio famigliare o con un numero limitato di amiche.

Ma quelle tra noi che non amano le donne devono sapere che c’è una parte di loro che aggredisce e svilisce la loro stessa identità: sono nemiche a se stesse. E se è così, meglio correre subito ai ripari o non si sarà mai davvero serene, libere, integrate, in pace con se stesse.Guarite. Come fai ad amarti se non ami il tuto sesso ed il genere al quale appartieni?

Soltanto se impariamo a custodire il legame di genere potremo tramare e filare la storia silenziosa delle nostre origini, collegandoci a tutte le donne che ci hanno preceduto: al loro sapere ed al loro potere.

Solo così potremo accedere al potere creativo e generativo dell’abbraccio fra sorelle, che si capiscono perché condividono la carne, la storia, le ferite, le esperienze, i fantasmi. La piena consapevolezza e felicità di essere femmine conduce naturalmente a prendere per mano chi è intimamente uguale a noi. Ad aiutare a rialzarsi quelle che sono scivolate, sofferenti, confuse e a chiedere l’aiuto di quelle che hanno già riattivato la guarigione, sanno già la strada per rimarginare le lacerazioni del corpo e dell’anima. La donna è ancora una creatura sconosciuta: soprattutto a se stessa.

Ha una qualità profondamente selvaggia ed intuitiva, misteriosa: a lei il ruolo terribile di farsi canale tra la vita e non-vita. A lei il compito di forgiare un nuovo individuo nel buio meraviglioso del grembo. A lei le doti di comprensione ed empatia, ascolto, cura e devozione ma anche preveggenza e rigenerazione.

Talenti potenti e preziosi che, guarda un po’, vanno affinati grazie ad un apprendistato emotivo accanto ad altre donne. Lo sguardo amorevole di una femmina che si curva sulla nostra condizione di sofferenza e malattia. La guarigione richiede uno sforzo creativo: ri-generare un nuovo equilibrio. È un potere dell’energia femminile. Dobbiamo poterci sentire pienamente femmine per attivare con maggiore facilità questo percorso. E sentirci appartenenti ad una stirpe, al nostro genere, ci permette di accedere non solo alla nostra singolare forza ma a quella di tutte quante noi collegate insieme.

I disturbi che riguardano proprio gli organi genitali ed i sistemi che li regolano, come la PCOS, esaltano ancora di più questa questione. Perchè il processo di guarigione chiama in causa il bisogno di prendere contatto col nostro corpo, coi suoi misteri, con le sue singolarità: con i suoi significati e funzioni. Un corpo cha va conosciuto profondamente ed abitato con più amore e riconoscenza: è la nostra casa, non possiamo vivere come intruse o nemiche nella nostra stessa pelle. Un cammino di confidenza ed intimità con la nostra essenza: con il nostro genere. E tutto questo passa necessariamente attraverso una ri-conciliazione con il sesso al quale apparteniamo, le sue speciali caratteristiche, poteri, energie.

Cercate il tocco gentile della mano di una donna e siate voi amorevole abbraccio per le altre. Sarà più lieve il nostro cammino. E il mondo cambierà: di colpo. Quando saremo capaci di nuovo di accarezzarci l’anima, saremo così potenti da guarire non solo noi stesse ma l’intero mondo. Le fiabe, i miti e le leggende ancora narrano e conservano l’eco di un tempo molto antico dove le donne sapevano farlo. Noi apparteniamo ad una stirpe regale. Notiamo tutte quanta fatica ancora la cultura moderna faccia a valorizzare il femminile: quanta violenza ancora viene riversata sulle donne, quanta discriminazione. Siamo ancora ritenute inferiori: deboli, isteriche, petulanti, incapaci, dipendenti, troppo emotive, piagnucolone.

Ci lamentiamo giustamente di patire una strisciante svalorizzazione ma poi siamo le prime a svalorizzarci.A mostrare i denti anziché offrire la mano. Ci lasciamo dividere, non tessiamo una rete tenace e resistente che ci saldi  tutte, ci salvi tutte. Rimaniamo isolate, a combattere da sole. Siamo prostrate e non sprigioniamo la nostra luce.

La prima medicina per ognuna di noi consiste nel mettere in crisi la visione misogina che ancora ci infetta, che ci infligge ferite da parte del maschile e che continua però a rimanere vitale col contributo di noi tutte. L’augurio che possiamo farci è di imparare a portare cura, rispetto amore ed energia risanante alle nostre personali cicatrici riuscendo a scorgere anche quelle inferte alle altre.Qualche volta invisibili ma non per questo meno orrende. Buona vita, amiche.