Dovete sapere che la PCOS ha origini molto lontane nella storia. Stein e Leventhal furono i primi scienziati a descriverla nel 1935, come una condizione in cui le ovaie apparivano più grandi del normale, traslucide, di aspetto marmoreggiante, e che colpiva donne con peli in eccesso (irsutismo), assenza di ciclo (amenorrea), e obesità.
Inizialmente, insomma, si riteneva che la PCOS fosse solo un disturbo della sfera riproduttiva.
Nel corso della storia, è apparso evidente che le donne mostrassero anche altri sintomi, tanto da rendere sempre più confusa al mondo medico, la diagnosi di questa sindrome. Molte società scientifiche hanno approfondito e cercato di fare chiarezza.
Nel 2003 a Rotterdam, fu raggiunto un comune consenso circa i criteri diagnostici che ancora oggi i medici utilizzano per fare la diagnosi di PCOS:
- Alterazione del ciclo mestruale
- Segni di eccesso di ormoni maschili (attraverso lo studio degli esami del sangue o dei segni fisici dell’accesso di androgeni)
- Cisti presenti nelle ovaie
Negli anni successivi, le numerosissime ricerche hanno aggiunto altri tasselli che hanno fatto entrare la PCOS fra le condizioni endocrine più complesse da capire e da gestire. Molti ormoni sono coinvolti, tutti a creare un circolo vizioso che deve essere spezzato.
Ormoni maschili, alterazioni di altri ormoni secreti dall’ipofisi, eccesso di insulina, e molto altro hanno messo i medici in grande difficoltà nel fare chiarezza in questa complessa condizione femminile.
Ma perché tanto interesse?
Perché le donne affette da PCOS, oltre a vivere in modo non sereno la propria femminilità, ad avere problemi di fertilità e a complicanze durante la gestazione, mostrano un rischio superiore alle altre, di sviluppare in età adulta malattie cardiovascolari, diabete, cancro dell’endometrio.
La PCOS, non è solo un disordine legato all’iperandrogenismo (eccesso di ormoni maschili) ma è un disordine del metabolismo e degli ormoni insieme, che è strettamente collegato ad importanti implicazioni per la salute a lungo termine.