Quali problemi psichici comporta esattamente la PCOS? Lo sapete? Avete mai letto che sia la causa diretta di specifici disturbi o che addirittura esponga a vere e proprie malattie mentali come il disturbo dell’umore di tipo bipolare? Certamente parlare di psiche significa affrontare discorsi molto complessi e cercare di sintetizzare può portare a fuorvianti semplificazioni. Che finiscono per allarmare invece di informare e guidare alla ricerca delle migliori soluzioni. Ma il primo dato che è bene tenere fermamente a mente è che a tutt’oggi l’eziologia dei disturbi mentali è ignota ovvero a livello scientifico non sappiamo dire con precisione che cosa esattamente causi qualunque malattia mentale, dal momento che non esiste un legame di univocità tra una situazione personale (di vita, carattere o salute) con qualsivoglia disturbo mentale. Ecco perché di fatto è sbagliato affermare che la PCOS possa essere causa diretta di un sintomo psicologico o di un malattia mentale.
La letteratura scientifica internazionale ribadisce infatti come avere la PCOS non significhi automaticamente andare incontro ad un forte disagio psicologico (tale che possa disturbare il normale andamento dell’esistenza) o addirittura ad un disturbo psichiatrico. Come per qualunque altro disturbo saranno piuttosto il carattere e la personalità della donna, l’insieme delle tracce che le esperienze vissute hanno lasciato su di lei, il modo ed i momento della diagnosi, l’estensione e la ricchezza della rete famigliare e sociale intorno a lei a determinare come vivrà la PCOS, influenzandone l’assetto psichico. Insomma: aver la PCOS non fa di te automaticamente una donna con problemi psicologici!!! Perché un conto è attraversare un momento di fragilità in concomitanza con la comunicazione della diagnosi o in relazione ai vissuti che possono accompagnarsi ad alcuni sintomi (che peraltro, ricordiamo, di norma risultano severi solo se la sindrome non è tratta e se la donna non si cura) ma ben altro è affermare che tale sindrome “determini e causi” depressione, ansia, fobia sociale, attacchi di panico etc… Il determinismo psichico è stato scientificamente sconfessionato da quasi 70 anni.
Tuttavia non si vuole sottostimare la portata dei dubbi, dei disagi o della sofferenza che la PCOS, può comportare proprio in quanto “malattia”, intesa come evento che diminuisce lo stato di salute dell’individuo e può interromperne momentaneamente o per lungo tempo il normale corso di vita. Come ogni stato che comporta uno squilibrio del nostro assetto psicofisico può influenzare negativamente l’umore, far diminuire l’autostima o la sicurezza in sè stesse, scatenare stati di ansia o precipitare in momenti di scoraggiamento e cupezza. La cui ampiezza però può non giungere alla necessità di un trattamento psicofarmacologico, proprio perché non esita in patologie mentali conclamate o in scompensi psichici abnormi. E che meglio può essere affrontati attraverso un piccolo percorso di psicoterapia, che aumenti le strategie di coping (flessibilità nel fronteggiare i cambiamenti e gli ostacoli), infonda fiducia, insegni nuove abilità per cambiare il proprio stile di vita, offra ascolto e comprensione alla donna ed alla coppia.
Il messaggio che qui si vuole far passare è quanto sia importante non lasciare sole le donne ma anche non appiattirle nel ruolo di “malate”. Proprio perchè la PCOS riguarda un modo particolare di funzionare del sistema ormonale, dunque una speciale condizione che va conosciuta ed “assecondata” ovvero trattata secondo le esigenze specifiche, con le accortezze di cui necessita.
Viversi come malate spesso conduce alla rassegnazione, alla sensazione di essere fallate, di essere meccanismi che vanno aggiustati o che magari non funzioneranno mai nel modo in cui dovrebbero. Chiudendosi alla vita. È possibile che la rabbia si trasformi inconsciamente in un attacco aggressivo verso se stessa: si trascura la dieta e la cura di sè, si abbandona l’attività fisica, si ricorre a sostanze psicoattive (farmaci, alcool, droghe), si incrementano le abbuffate, si guastano le relazioni amicali ed affettive a causa di un’irritabilità ed un negativismo esasperanti. I pensieri si fanno neri: “non posso più mangiare con soddisfazione”, “mi sento in carcere”, “mio marito non mi cerca più quindi cosa serve tenermi?”, “non avere figli significa che la vita non ha più senso”, “tanto non guarirò, inutile fare qualunque sforzo”. Qualcuna allontana il partner, perché in realtà si vergogna o si sente indegna. Diciamo la verità: quanta invidia verso “le sane”, emozione che certo non ci aiuta nella vita famigliare, lavorativa e sociale.
Questi tormenti interiori possono non essere compresi da chi sta intorno, nemmeno dai curanti. E certo sono aggravati dalla condizione di solitudine: serve un momento per fermarsi, capire, consolarsi. Tuttavia si deve passare presto alla fase successiva: l’organizzazione di comportamenti attivi di cura. Curarsi o trascurarsi: quello farà la differenza. L’autocommiserazione, il ritiro in se stesse, la trascuratezza delle indicazioni specialistiche sono insomma sintomi altrettanto pericolosi di quelli fisici: l’assetto psicologico diventa una collateralità spesso più difficile da trattare di quella fisica, anzi, diventa un ostacolo severo alla cura della Sindrome.
Può allora richiedere una presa in carico psicoterapeutica, che non è semplicemente uno spazio di contenimento della sofferenza, un momento di ascolto, sostegno e conforto (certamente anche quello) ma un percorso dove si impara a riprendere il controllo sulla propria esistenza, sentendosi in grado di influenzarla e di guidarla verso la soddisfazione e la realizzazione, sentendo che vale la pena sforzarsi e impegnarsi.
Evita di assumere l’identità di “malata” o rimarrai vittima dei tuoi timori, pensieri negativi, emozioni dolorose e convinzioni pregiudiziali. Ora devi organizzarti intorno alle migliori soluzioni. Occuparti responsabilmente di te stessa, in prima persona, procurandoti gli aiuti e gli strumenti che servono ti darà tantissima energia, forza e sicurezza interiore. Nella PCOS in qualche modo il sistema ormonale funziona in un modo diverso: che non può dirsi “rotto”, che non richiede un intervento singolo dall’esterno che lo riporti sulla giusta via di funzionamento. Non c’è la pillola miracolosa o l’operazione chirurgica i grado di riparare quanto si è scassato… Non c’è nulla di scassato: c’è un sistema che abbisogna di modalità di “gestione” (soprattutto circa la dieta) amorevoli ed accorte, che mantengano il funzionamento in ordine ed in armonia. Affinché la salute venga presidiata.
Ci sembra piuttosto importante invece sottolineare come a fare la differenza in merito alla salute fisica e mentale sia piuttosto l’atteggiamento con cui la donna guarda a sé stessa ed alla propria vita. Con cui vive il proprio corpo, il rapporto con il/la partner, con il cibo; le aspettative di vita e la capacità di prendersi cura responsabilmente di sé. La medicina e la psicologia sono assolutamente concordi in merito a questa questione, che si assomma nel concetto di “resilienza”, una caratteristica mentale ed emotiva che caratterizza quelle persone in grado di fronteggiare in modo funzionale difficoltà e stress. Il costrutto è preso in prestito dalla fisica ed è la capacità di una materia di resistere alla rottura e tornare alla propria “forma” originaria dopo essere stata sottoposta ad urti e colpi, ad una forza in grado di comprimerla e modificarla. Essere resilienti non significa non sperimentare sofferenza, difficoltà, fatica: significa accettarli, come parte del gioco della vita, trattarli da tasselli e andare oltre, eliminando ciò che impoverisce le risorse psicologiche ed aumentando ciò che le irrobustisce. Ricorda che la salute per tutti noi dipende al 70% dal nostro stile di vita. E ha bisogno di “buone pratiche”.
E qual è oggi il sentimento di base nella tua vita? Lo stato d’animo con cui ti identifichi di più? Insomma: come stai? Ho messo a punto un semplice test che ti può aiutare a mettere meglio a fuoco come ti senti, utilizzando pratici criteri. Lo strumento è ispirato ai lavori del Prof. Edward Diener dell’Università dell’Illinois, il più importante esperto vivente di psicologia della felicità, ed è pensato per farti un momento riflettere su come ti senti in questo momento della tua vita. Coerentemente a quanto esposto in questo articolo, non ti fornirà una diagnosi psicologica né psichiatrica ma sarà in grado di farti riflettere su come stai affrontando la fase dell’esistenza che stai attraversando. Se sei tranquilla, inquieta o francamente in crisi: sulla base dei risultati potrai valutare se stai procedendo sentendoti in grado di fronteggiare le giornate buone e quelle balorde o se sei in affanno ed hai bisogno di un aiuto. Perchè stare meglio è un dovere che hai verso te stessa e qualunque evento accada nella nostra via può essere la via regia per una crescita interiore. Buon test!
Purtroppo non è proprio così. Le linee guida internazionali per il trattamento della PCOS (Teede 2018, che si basano su illustrissimi studi) dicono eccome che la PCOS influenza la salute mentale e che il disagio psichico va valutato dagli specialisti sanitari. “Health professionals should be aware that in PCOS, there is a high prevalence of moderate to severe anxiety and depressive symptoms in adults; and a likely increased prevalence in adolescents”, cito testualmente un piccolissimo stralcio. Sempre nelle Linee guida si parla chiaramente di ansia depressione disturbi del comportamento alimentare disturbi del sonno e disturbi sessuali. Non si parla di causa effetto, ma di correlazione. Che è comunque un dato che non andrebbe ignorato e non certo per fare terrorismo psicologico, ma perchè le donne facciano prevenzione e si prendano cura del proprio malessere, esattamente come fanno con acne, infertilità, sovrappeso, ecc. E lo dico da psicoterapeuta affetta da PCOS.
Buongiorno, grazie mille di questa precisazione, che ci permette di ribadire quanto l’articolo in questione racconta.
Come precisamente lei riporta, si tratta di “correlazioni”, ovvero si osserva la concomitanza di alcuni disturbi mentali con la PCOS. La questione è il linguaggio della scienza: noi scienziate sappiano molto bene che registrare una correlazione tra fenomeni non stabilisce affatto tra loro una relazione causa-effetto. L’articolo vuole proprio sottolineare questo: perché le persone al di fuori degli ambiti specialistici naturalmente non posseggono chiavi di lettura analoghe a quelle dei tecnici… Io lavoro da 24 anni in psichiatria, sono Responsabile del Servizio di Psicologia e Psicodiagnosi di una clinica psichiatrica. Noi da circa un decennio facciamo attenzione al linguaggio: un conto è parlare di sintomi mentre ben altro è fare diagnosi. Le linee guida parlano un linguaggio tecnico a beneficio di tecnici. Linguaggio Che deve essere decodificato per il pubblico. Un conto è parlare di sintomi o vissuti ansiosi e depressivi, che molti sperimentano ( e che vanno presi in carico e trattati, si spera non farmacologicamente) altro e’ parlare di Depressione e Disturbi dell’umore o addirittura dello spettro psicotico. Da anni mi batto affinché le persone, le donne, non sottostimino i sintomi emotivi ma nemmeno li medicalizzino. L’articolo che ho scritto vuole essere dirimente circa la facilità con cui purtroppo le donne tendono a fare “labelling” quando leggono che alcune patologie sono correlate a disturbi mentali. Si fanno autodiagnosi e cominciano a pensarsi come portatrici di quello specifico disturbo mentale. Bisogna spiegare bene che non è detto che la PCOS esiti in una Depressione ma va anche spiegato che invece i vissuti depressivi sono frequenti. Ma questi vissuti non fanno rientrare l’individuo automaticamente in una diagnosi di Depressione ( che per essere fatta necessità di affiancare a quelli altri criteri, come lei sa ma come le persone normali non sanno). In molti articoli dunque parlo di tutto il ventaglio di emozioni che là PCOS può stimolare. Senza mai riferirmi a precise diagnosi psichiatriche : che solo uno psichiatra o noi Psicodiagnosti (attraverso i test) possiamo fare. Concordo insomma con lei: l’articolo non voleva sottostimare ne’ negare evidenza scientifiche a noi specialisti ben note. Una lunga risposta, mi scuso, ma il suo intervento era prezioso e mi ha permesso di spiegare ulteriormente il mio punto di vista.
Un abbraccio e un augurio fortissimo per la salute.
Dott.ssa Barbara Alessio