Che atteggiamento hanno le persone intorno a noi nei confronti del nostro disturbo? La PCOS, lo sappiamo bene, può causare sintomi che incidono negativamente sulla qualità della vita, e che non sono invisibili. Un disordine del ritmo ormonale influisce su tutti i sistemi del corpo: investe l’immagine corporea, l’umore, lo stile di vita, il progetto della coppia riguardo alla genitorialità. In coppia e in famiglia si condivide tutto: come reagiscono coloro i quali vivono con noi?
Arianna è una giovane donna che arriva nel mio studio accompagnata dal fidanzato. Hanno entrambi 28 anni, convivono da due ma stanno insieme da alcuni anni. Hanno un lavoro fisso, ben remunerato. Si dicono soddisfatti della loro vita. Ciò che li conduce da me è un disturbo di cui Arianna soffre: la PCOS. Il corredo dei sintomi che la malattia le procura è molto classico per questa sindrome. Anche se alcuni aspetti ad un esame obiettivo paiono di lieve entità rispetto a come lei li vive. Arianna è obesa: ha un viso davvero molto bello, una pelle luminosa, mani curatissime. È convinta di avere una calvizie evidentissima in realtà ha i capelli mossi e scuri, bene acconciati, e non si nota affatto nulla di strano in lei sotto questo profilo. Si commuove mentre mi parla, perché la PCOS l’ha messa a dura prova in quanto ai vissuti circa il corpo, la femminilità, la sessualità, il successo sociale. È affranta, non si sente capita, fatica ad essere costante nel seguire il regime dietetico. Mi piace subito, sento che lavoreremo bene insieme, mi sento molto in sintonia e sento che lei si sente accolta, ha trovato rifugio.
Ma ad un certo punto un fulmine a ciel sereno: Arianna racconta dell’imbarazzo nei luoghi pubblici ma il fidanzato la interrompe in modo sgarbato e sarcastico affermando di essere stufo di rimandare addirittura i viaggi all’estero “perchè lei è troppo grossa e non si può mica girare in questo stato”. Per tutta la seduta non risparmierà battute feroci sul suo aspetto fisico.
Non è raro, davvero, rilevare nei partner un atteggiamento francamente aggressivo, dispregiativo ed avvilente indirizzato alle fidanzate alle prese con disturbi che riguardano la sfera dell’immagine corporea.Qualche volta riguarda anche i genitori.I famigliari, refrattari alla sofferenza delle pazienti, cercano di rubare loro la scena per sfogare delusioni, risentimenti, rabbie, persino la vergogna. Rimarcano quanto siano stufi, quanto le abbiano provate tutte per aiutare senza risultati, quanto ritengano pigra e demotivata quella donna “che non ha volontà perché si sa che volere è potere, anche io ero in sovrappeso ma poi sono dimagrito”. La colpevolizzano perché “non ha mai voglia di fare niente, non vuole uscire, non cerca le amiche”. Non solo non comprendono e non sostengono ma ribadiscono la sua inadeguatezza, ritenendola responsabile del proprio destino.
Poi esistono partner e familiari che minimizzano e non riconoscono la sofferenza e lo scoraggiamento della donna in un modo quasi opposto: affermano che a loro dell’aspetto fisico non importa nulla, sono convinti che curarsi non dia alcun risultato ma “intanto lei è bella così, a me piace così, in fondo deve piacere a me, no?”. In questo caso viene colpevolizzato qualunque programma terapeutico, qualunque desiderio di miglioramento delle proprie condizioni psicofisiche: l’impegno nella cura e nella salute viene interpretato come capriccio, come un vezzo per inseguire le mode delle diete. Così si organizza un sabotaggio messo in atto in molti modi, scoraggiando ogni iniziativa di cambiamento. Se la donna alla fine cede e si rassegna, ciò diventerà argomento a sostegno della convinzione che intanto non si può fare nulla, tutta fatica buttata, tutti soldi sprecati. Meglio lasciare tutto come sta: perché intanto, a lui, va bene così.
Questo articolo è scritto non solo per le donne che soffrono di PCOS ma anche per i loro partner. E per tutte le persone della loro famiglia.E vuole mettere il dito su una questione centrale nel percorso di cura della PCOS. E di qualunque altro disturbo. Perché senza amore non c’è cura; e se non c’è cura non c’è amore.
È bene rendersi conto che ognuno di noi è responsabile della propria salute. È nostro interesse e dovere cercare il miglior equilibrio e benessere psicofisico. Lo dobbiamo a noi stesse: non al coniuge o ai genitori. Non possiamo curarci per compiacere un fidanzato esigente e votato al fitness ma nemmeno possiamo annullare il nostro bisogno di stare meglio perché chi ci sta accanto è rassicurato dalle nostre forme generose. Qualunque decisione presa compiacendo gli altri porterà all’insuccesso: molleremo se non lo facciamo per noi. Le pressioni esterne per inchiodarci in un aspetto fisico che non corrisponde alla nostra intima natura finiranno sempre per risultare vane. Ci creeranno tensioni, ci faranno stare peggio: sicuramente non saranno alleate in un percorso di cura. Se ho un disturbo è sensato, ragionevole e doveroso curarlo.Cercando gli specialisti adatti facendomi consigliare da professionisti della salute. Con i quali dovrò attivamente cooperare, in prima persona, per migliorare il mio stato di salute. Rispettando tempi, ritmi, modi dettati dalla mia unicità, dal mio profilo di salute in quel momento, dalle mie caratteristiche che i professionisti dovranno valutare per creare un programma finemente personalizzato. Non può essere il marito a imporre il peso “ideale”: nemmeno io stessa posso fissarlo. Sarà la nutrizionista a fissare gli obiettivi, non quelli “ideali” (frutto di fantasie, desideri e spite onnipotenti) ma quelli realistici e rispettosi della mia persona.Non si tratta di piacere o no al partner, andargli a genio, imbarazzarlo o tranquillizzarlo. Si tratta di onorare la propria salute, il diritto ad una vita il più possibile piena e soddisfacente.
A questo punto val la pena aprire qualche riflessione sulla dinamica relazionale della coppia.Non si può certo fare di ogni erba un fascio e naturalmente esistono migliaia di modi di declinare la vita a due. L’atteggiamento con il quale chi mi sta accanto affronta gli eventi che mi colpiscono (tra i quali una malattia) dice molto sul suo carattere e sulla relazione che lo lega a me: non dice nulla, invece, del mio valore personale. È possibile che chi si spaventa del mio aspetto, lo valuta riprovevole, inadeguato ed imbarazzante stia manifestando il bisogno di avere un partner “perfetto” che dia lustro al suo personaggio, lo faccia risaltare agli occhi degli altri come potente e di successo. Secondo la convinzione che “se ho una bella donna accanto sono potente e rispettato, valgo molto”. Non è capace di empatia, non sente la sofferenza dell’altro e certo non dimostra di averne cura. È interessato all’aspetto perché un “brutto aspetto” è per lui un’offesa personale, un affronto, una colpa. Mentre chi scoraggia qualunque atteggiamento di miglioramento dell’aspetto psicofisico, i movimenti di iniziativa ed autonomia alla ricerca del proprio benessere, ponendosi come quello “disinteressato alla forma e rivolto solo alla sostanza” abbia invece bisogno di avere accanto una donna fragile, che si viva come poco attraente, che rimanga modesta e caratterizzata dalla ritrosia, dalla timidezza. Perché questo gli garantisce un potere su di lei: rimarrà fedele al suo fianco, non lo metterà in discussione e lui rimarrà al riparo da rivali e da confronti con altri uomini.
Vi dicevo: tra i due estremi, sicuramente tante sfumature. Un’unica certezza: se non c’è cura non c’è amore. Amatevi donne, e circondatevi di uomini che vi amino.
Che bel articolo! Mi sono ritrovata in passato in entrambe le situazioni. Il mio primo ragazzo appena ingrassavo un po’ me ne faceva una colpa, dicendo che diventavo meno attraente e quindi passatemi l’espressione “meno scopabile” (sì mi ha detto proprio così, se ci penso ora mi vengono i brividi!). Parlo di oscillazioni di peso di 5-7 kg, che si sistemavano o da sole o con una dieta più restrittiva del solito. Tutte le volte che lo incontro per caso mi ribadisce la questione del peso ma è più un problema suo che mio. Al contrario poi c’è stato chi apprezzava le mie curve e che anzi mi trattava come una pazza che esagerava la sua situazione per attirare l’attenzione. “A me piacciono le donne che mangiano” dicono di solito. Sono felice che al giorno d’oggi queste persone non facciano più parte della mia vita e che le loro opinioni non abbiano più peso per me. Li ringrazio in ogni caso per avermi aperto gli occhi su quello che dovrebbe essere una relazione equilibrata e spero di trovare una persona più adatta a me in futuro.
Donne, con PCOS e non, leggete bene questo articolo e scegliete il meglio per il vostro benessere!
Ciao Fra!
Scegliere di quali persone circondarci è importante, così come saperle individuare con lo giusto spirito critico.
Grazie per il tuo commento e per aver condiviso con noi la tua esperienza, che afferma quello che anche questo articolo vuole ribadire: chi ci ama chi ci sostiene, senza colpevolizzarci né minimizzare i vissuti.
Nel guardarci allo specchio dobbiamo prima di tutto pensare alla salute, fisica ed emozionale. È quella a darci la misura della nostra bellezza 😉
Continua per la tua strada e prenditi cura di te: non permettere a nessuno di far vacillare il tuo benessere emotivo.
Un caro saluto!