Perché mai una psicoterapeuta potrebbe essermi di aiuto nel fare la dieta? In fondo, basta soltanto rispettare le indicazioni precise e personalizzate della nutrizionista… basta mettersi di buzzo buono e smettere di mangiare male e troppo. A che mi serve la psicoterapeuta? Domande legittime!!!! L’esperienza concreta di lavoro con le donne mi permette di rispondere raccontando il senso del percorso che si fa insieme.
Hai mai provato a seguire una dieta? Ti è capitato di perdere peso inizialmente e poi di mollare, recuperando il peso perso in precedenza e magari aumentandolo? Temi di non farcela? Hai qualche patologia che ti impone un regime dietetico particolare, molto diverso dalle tue abitudini? Ti senti disperata ed abbattuta guardandoti allo specchio ma non riesci ad avere la forza di essere costante nel controllo del peso? Io sono qui per aiutarti: è questo il senso del “coaching on-line”, il servizio tramite mail che mi tiene letteralmente connessa ogni giorno con le donne che si rivolgono a me. E che così possono non sentirsi sole: e di più, possono trovare un luogo (che in realtà è un legame) dove reperire ascolto, incoraggiamento costante, guida. Dove ogni “intoppo” o problema viene subito analizzato, in tempo reale: per essere in prima battuta compreso e poi per studiare insieme strategie per affrontarlo. Ecco, è soprattutto questo l’aspetto che le donne mi confidano essere molto prezioso per loro: il poter confidare le difficoltà nella sicurezza di essere comprese e mai giudicate. Al di fuori di un rapporto terapeutico le abbuffate, le deroghe al regime alimentare prescritto, le giornate passate a mangiare male, gli appuntamenti saltati in palestra vengono colpevolizzati: le donne stesse si colpevolizzano moltissimo. In alcuni casi smettono proprio di seguire la dieta. Si sentono incapaci, deboli. Ti è capitato?
Spesso le persone hanno alle spalle decenni di problemi legati al peso, che possono comprendere abbuffate, alternanza di periodi di digiuno a fasi di perdita di controllo, patologie correlate (ormonali, muscolo- scheletriche, dell’umore). Il cibo è un rito complesso, che pesca nella nostra personalità profonda, nelle dinamiche famigliari e nelle tradizioni della comunità di appartenenza. La sua modifica richiede un lavoro delicato di analisi di molti aspetti per sciogliere i nodi responsabili di un rapporto sbagliato con il cibo. Il miglior alleato? La tua mente, i pensieri e le emozioni che ti abitano: proprio quelle che provi nelle crisi di “fame nervosa”, nei momenti in cui usi il cibo in maniera compulsiva ed incontrollata. Se hai qualcuno che ti aiuta nell’analisi.
Quelle sono occasioni preziose per mettere a fuoco i meccanismi automatici che conducono ad abbuffarsi: è un momento molto prezioso nel percorso psicoterapeutico. Dove finalmente puoi esprimere cosa senti: il dolore, l’abbattimento e lo scoramento, la rabbia. Dove puoi lentamente essere accompagnata a capirti. Perché c’è sempre un motivo. Il cibo è il modo attraverso il quale controlli l’umore: ma viene utilizzato da talmente tanto tempo che è molto difficile capire quali emozioni blocchi e renda silenti. È talmente efficiente nell’allontanare dal contatto con i vissuti, che non si è più capaci di differenziare le emozioni. Ovvero, non si è più in grado di dire come si sta, cosa si sente. Ma sotto sta sempre qualcosa di grosso: un nodo problematico, un groviglio di sofferenze, frustrazioni. A volte traumi antichi. Vissuti che vanno ascoltati e capiti. Le donne sono disorientate: si chiedono come mai continuano a faticare a controllare l’ingestione di cibo, perché non riescono ad essere moderate e costanti. Ebbene: c’è sempre un motivo, una causa profonda, interiore. Il cibo protegge dal contatto con un dolore interiore: un dolore che fa molta paura, che viviamo come insopportabile, e per difendercene… mangiamo e ci ingozziamo. Spesso è un sistema ed una dinamica interpersonale nella quale si vive, che coinvolge il rapporto con i genitori, il partner, i figli. Qualcosa che si trascina da moltissimo tempo ma che abbiamo il terrore di portare a coscienza, di riconoscere. Ci va qualcuno accanto a noi che ci rassicuri sul fatto che è possibile invece sentire quella emozione, attraversare quella sofferenza, capire cosa ci fa stare male. E poi, lentamente, mettere a fuoco come affrontare la realtà. Se non si lavora sulla causa profonda, il sintomo (abbuffate e fame nervosa) si ripresenterà.
Ecco perché il mio ruolo è sentito dalle donne come prezioso: è questo che mi sento spesso scrivere. Perché in quei momenti si è disperate e di solito tutto avviene nel massimo segreto e riserbo. Si è sempre sole, qualche volta piene di vergogna. Bene: invece io sono lì. Posso essere interpellata. A me tutto si può dire, e la mediazione del pc, il fatto di scrivere nella tranquillità di casa propria, certo aiutano ad aprirsi (e se hai bisogno di parlarmi, c’è Skype che ce lo permette!). Senza paura, vergogna. Io sono lì per quello: per la prima volta, spesso, si riesce a mettere qualcuno a parte di quello che viene ritenuto un comportamento vergognoso e colpevole. Poterlo raccontare significa già aver affrontato il problema. Perché se ne può finalmente discutere per quello che è: un sintomo.
Il coaching on-line è una sorta di pronto soccorso emozionale e personalizzato; in tempo reale ci si ferma e si analizza quanto è successo. Per elaborarlo e strutturare forme di comportamento non autolesive, per imparare strumenti di gestione dei comportamenti sregolati, per motivarsi alle buone abitudini. Per aumentare la sicurezza e la fiducia in sé stesse facendo l’esperienza che prendere consapevolezza di quello che il sintomo copre non ci manderà in mille pezzi. Con l’obiettivo di risolvere finalmente l’uso compensatorio e compulsivo del cibo.
Le abbuffate sono di solito il sabotaggio più frequente ma anche pregiudizievole delle diete: il senso di colpa e frustrazione è così alto da esitare sovente nel drop-out, cioè nell’interruzione del percorso di cura. La prima questione che il coaching-on-line affronta è quindi proprio questa: mettere le donne nella condizione di imparare strategie di gestione della fame nervosa e, nel caso di abbuffate, aiutarle ad integrare l’accaduto senza mollare, cominciando ad interrogare il sintomo per capirlo e risolverlo. Ma non finisce tutto qui! Sembrerà strano, ma ciò che mi trovo a sostenere è un apprendimento all’amore verso sè stesse: dedicare tempo e cura ed attenzione alla propria persona. Ritagliandosi spazi e momenti di tranquillità, di soddisfazione. Mi metto dalla parte delle donne, le incoraggio e le motivo a mettersi in alto nelle priorità della giornata. A mettere in rilievo la necessità di curare la loro salute: anche la loro felicità. Le legittimo a pensare un po’ a loro stesse. Ecco che mi scrivono “sono contenta di dedicare del tempo a me stessa e fare delle cose che mi fanno star bene (non ero abituata) ero sempre l’ultima ruota del carro… prima solo e quando avanzava del tempo per me (quasi mai); “grazie, senza di lei mi sarei già persa per strada più di una volta”. Ecco: questo è il coaching, un percorso fatto insieme, dove anche le buche e le curve, i banchi di nebbia o gli scrosci di acqua fanno meno paura, perché vicino si ha la propria psicoterapeuta. Che sa che si può andare avanti, che non importa come va la tappa in quanto conta il traguardo ed insieme, giorno dopo giorno, lo si taglierà sorridendo. Avendo imparato non solo a controllare il peso ma ad usare il proprio potere personale per rendere la propria esistenza piena di soddisfazioni, nel corpo, nella mente e nel cuore. È sempre un lavoro molto emozionante sentire sbocciare le donne, presidiare il loro ingresso in un una nuova esperienza di sé stesse che migliora il loro stile di vita. E le fa rinascere. Quindi: grazie a tutte voi che mi onorate nel chiedermi di starvi al fianco.