PCOS e depressione

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Vi capiterà spesso di leggere su riviste stampate ed on-line che circa il 20% delle donne con PCOS incorre nella depressione ed in stati ansiosi, con un rischio molto elevato rispetto alla popolazione femminile generale. E’ un dato certo non ottimistico, che va letto però alla luce di precisazioni dovute, e che probabilmente non discrimina fra la depressione intesa come disturbo psichiatrico dell’umore e stati depressivi inquadrabili diversamente. Comprendere la differenza per mette di capire come e quando chiedere un aiuto specialistico.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute in un modo molto articolato e complesso, come “uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni”. E’ una definizione che articola tutte le sfere della nostra vita e che afferma come la salute sia sempre anche salute mentale… dunque, qualunque malattia comporta sempre e comunque uno stato di sofferenza emotiva e di disagio mentale. Se il corpo soffre il nostro umore ne patirà sempre: il dolore, la preoccupazione, l’incertezza per gli esiti, l’allontanamento anche solo temporaneo dalle nostre attività abituali e dai nostri ritmi certamente avranno ripercussioni negative sugli stati d’animo. Ma questo non significa che questa condizione di sofferenza si trasformerà necessariamente ed automaticamente in una Depressione.

Insomma: la consapevolezza di soffrire di PCOS, i sintomi che essa produce, le paure per la salute che essa può comportare possono certo produrre una condizione psicoaffettiva caratterizzata da stati d’animo negativi e da vissuti depressivi. Ma questo non significa “avere la depressione” né che automaticamente essa si instaurerà! Il disagio mentale che si sperimenta è infatti “reattivo” cioè conseguente ad un momento della vita connotato dalla malattia, legato alla situazione che può spaventare ed abbattere, creare circuiti di sofferenza, paura, rabbia e frustrazione, angoscia e rancore, di sconforto e scoramento. Si tratta però di un disagio motivato, cioè molto comprensibile, congruente al momento di vita: una realtà psicologica interiore destinata a risolversi con l’inizio di un percorso di cura, che stabilizza un adattamento al cambiamento e che mobilita le energie e le risorse interne alla donna.

Uno stato di disagio e di vissuto depressivo non equivale allora ad avere la depressione. Saranno semmai la somma delle qualità e caratteristiche psicologiche e personologiche della donna, il suo carattere ed il suo stile di vita, il modo che avrà di reagire alla situazione e la sua disponibilità a farsi aiutare a fare la differenza. E a pesare è anche la sua capacità di avere fiducia in se stessa ed in chi la cura. Ma è importante non cominciare a definirsi come “depresse”, facendosi autodiagnosi: auto-etichettarci come tali ci indurrà ad identificarci completamente in quello stato, a farci comportare sempre più da depresse, a farci sentire sempre peggio, intrappolate in un tunnel. Ci sentiremo sempre più malate, ci tratteranno tutti da malate.

Cosa può aiutare? Come contrastare i vissuti depressivi? Come proteggerci dalla depressione?

Di sicuro uno stato di malattia rende anche la mente sofferente. Questo richiede pazienza, e disponibilità ad ascoltarsi. Quando stiamo male abbiamo bisogno di un “nido”, di un riparo. Dobbiamo creare un rifugio fatto di persone care, abitudini salutari, programmi terapeutici che sostengano il corpo e la mente. Ecco il senso di farsi seguire da un’equipe multidisciplinare, abituata ad uno sguardo a 360°, in grado di monitorare anche il livello di sofferenza mentale. Per capire come e quando intervenire, con quale specialista. Per occuparsi della “persona” e non di un organo malato, per sostenere la costruzione di un nuovo equilibrio facendo attenzione a tutti i bisogni, alle paure ed alle aspettative. Ecco come noi intendiamo la cura: non un lavoro meccanico di “aggiustamento” ma un accompagnamento ad una ri-nascita. Non siamo ovaie malate: siamo donne alla ricerca di una trasformazione nella direzione di una maggiore salute.

Autore: Barbara Alessio

Mi chiamo Barbara e sono una psicologa psicoterapeuta psicodiagnosta. Da quasi 25 anni accompagno le persone in percorsi di crescita, cura, sviluppo. Parlo alle donne per aiutarle nel loro cammino, per non lasciarle sole, per ascoltarle, sostenerle, sciogliere i loro dolori e spronarle a prendere in mano la loro vita e la loro salute. Psicologa con iscrizione all'Ordine degli Psicologi del Piemonte n. 1839.