Sicuramente succede a molte: si inizia la dieta, si comincia con furore e di gran carriera. Si perdono alcuni chili: poi si insinua l’insoddisfazione perché si procede lentamente, perché il pensiero del cibo si fa ossessivo, perché con sempre maggiore frequenza ci si dice “solo uno strappo, ho troppa voglia di dolci”. Sopraggiungono i sensi di colpa, poi la rassegnazione, infine la demotivazione. E si molla. Oppure, si continua a rimandare il momento di iniziare, dicendosi “da lunedì”, “da domani”: il giorno fatidico arriva ma si lascia perdere e si rimanda ancora. Perché ci accade? Come si fa a non ricaderci più?
L’errore sta nel modo di guadare a noi stesse e alla dieta: un errore che anche nutrizioniste e dietologhe non considerano. Ovvero: tralasciare l’importanza di curare la motivazione, di mettere a fuoco il giusto obiettivo e, soprattutto, di sostenere l’automotivazione, l’autocontrollo e l’autodisciplina, il piacere. Senza una robusta teoria e pratica psicologica e psicoterapeutica diventa molto difficile seguire le persone che devono affrontare una dieta.Sono moltissimi gli insuccessi o i successi temporanei, dove si conquistano perdite di peso anche importanti che però vengono polverizzate nel giro di poco tempo, con un incremento ponderale sovente ancora maggiore di quello dal quale si era partiti. Insomma: la dieta non è semplicemente questione di cibo. Soprattutto: non deve assolutamente essere questione di “privarsi del piacere del cibo”.Purtroppo, gli specialisti delle diete sono naturalmente concentrati sulla fisiologia dell’alimentazione e mettono a punto programmi molto efficaci su un piano nutrizionale, senza considerare che tali prospetti sono assolutamente rivoluzionari per le loro pazienti. Dimenticando che la maggior parte di loro da anni usa il cibo come unica e/o miglior strategia di controllo e regolazione dell’umore, ricorrendovi nei momenti di crisi e difficoltà proprio come fosse una medicina salvavita. Senza considerare che chi tende a sovralimentarsi o a mangiare in modo sregolato è molto impulsivo, non è abituato ad alcuna disciplina né dei comportamenti né delle emozioni e quindi ha una precisa difficoltà ad entrare di colpo in un sistema altamente regolato, che vive come estremamente rigido, limitativo, castrante.Un sistema che lo manderà presto in crisi, aumentando la sensazione di tensione interiore (“devo resistere”, “non posso mangiare”) che sicuramente nel giro di poco tempo provocherà un cedimento del controllo, stimolando un’abbuffatacome unica possibilità di sperimentare un allentamento della tensione e del disagio. Vi riconoscete? Purtroppo è la storia ed il profilo comportamentale della maggior parte delle persone che a più riprese nella loro vita intraprendono delle diete. E purtroppo sono trame logiche: se credi che fare una dieta significhi semplicemente evitare di mangiare e seguire un programma imposto, gli esiti saranno quelli appena descritti. La dieta, invece, è questione di testa.
Un programma nutrizionale altamente personalizzato (per intenderci, non copiato da riviste, blog o dalla dieta delle amiche) è condizione necessaria ma non sufficiente a governare il peso attraverso una sana alimentazione. Deve essere la biologa nutrizionista a mettere a punto il tuo regime dietetico, grazie ad una accurata visita e ad un esame delle tue condizioni psicofisiche nonché all’acquisizione delle tue abitudini alimentari. Ma è solo l’inizio: il difficile viene dopo.Perché ti trovi sola, spaventata, alle prese letteralmente con una lingua sconosciuta che ti si chiede di parlare da subito fluentemente e senza esitazioni. Una dieta non è una semplice prescrizione da eseguire: è uno sconvolgimento globale dei punti di riferimento di una persona. Non è da stupirsi se con facilità la si abbandona! La dieta che la biologa nutrizionista consegna per molte persone è vissuta come “la lista nera delle cose da mangiare e di quelle da evitare”: una condanna alla tristezza ed alla privazione. Una sorta di prigione. Il vissuto immediato è quello dell’allarme e dell’ansia di non poter più ricorrere al proprio rifugio abituale: il “comfort eating”. Tutti quegli alimenti che sappiamo benissimo essere nocivi ma che ci procurano sollievo e conforto. Se non si considera questo meccanismo basilare, che è una vera e propria difesa psichica per la persona, non si riuscirà a procedere nel programma.Perché il meccanismo è in azione da moltissimo tempo, il condizionamento e le abitudini sono radicatissime e l’impossibilità a ricorrervi creerà un disagio interno molto forte, in una persona abituata a sedare ansie e rabbia attraverso comportamenti impulsivi ed irrazionali.
Ecco perché cominciare e seguire una dieta può rappresentare uno scoglio molto arduo da superare. Ecco perché deve venirci in soccorso la psicologia. È la mente a governare il meccanismo del “comfort eating”: dobbiamo trasformare abitudini e schemi mentali disfunzionali se vogliamo risolvere il problema del sovrappeso. Ed è possibile: se si accetta l’idea che non è possibile farlo da un giorno all’altro, se si entra nell’ottica di un cambiamento e di una trasformazione, se ci si convince che la mente va allenate ad abbandonare vecchi schemi e a sviluppare facoltà finora sottoutilizzate. Serve un metodo, un programma, un training.
Le ricerche (National Institute of Health) confermano come il controllo del peso richieda la combinazione di alcuni strumenti: un regime dietetico personalizzato, l’attività fisica, alcune forme di meditazione e, spesso, un percorso psicoterapeutico.Certo, alcune persone riescono sole ad automotivarsi nel giusto modo ed ad ottenere risultati duraturi nel tempo. Ma… non sono molte. Il cibo agisce sul sistema di ricompensa del cervello per mezzo di un neurotrasmettitore che media le sensazioni di piacere: la dopamina. È un circuito molto sofisticato, lo stesso sul quale si appoggiano tutte le forme di dipendenza. È difficile pensare di sostituire di colpo e solo con la forza di volontà quel meccanismo di ricompensa interiore con un altro altrettanto potente. Proprio per questo un programma ed un trading sono efficaci ed estremamente utili: perché aiutano a formulare giuste motivazioni, a sostenere l’obiettivo attraverso compiti graduali e realistici, ad allenare la capacità di sforzo ed impegno. Soprattutto aiutano a sostituire il piacere immediato ottenuto con il cibo attraverso un tipi diverso di piacere, anzi, molti piaceri e soddisfazioni. Allenare l’automotivazione è possibile: devi sapere che richiede impegno. Ma il cambiamento è alla portata di tutti, perché riposa sul funzionamento del nostro cervello. Gli studi dicono che il fatto di farcela, di sentire che si diventa sempre più capaci di controllarsi, di arrivare a quanto ci siamo prefissate, di sostenere l’impegno e l’imparare a trarre soddisfazioni da molti aspetti della vita quotidiana sono possibili se si è sostenuti da una relazione significativa. È il ruolo dell’allenatore, del trainer: della psicoterapeuta, se è formata a sostenere questi percorsi.
In LotusFlower abbiamo dedicato molto studio, ricerca e lavoro a questa questione. Perché sappiamo che altrimenti le diete non funzionano: e la scienza deve servire ed essere utile. Lavoriamo per offrire risposte, per non lasciare le donne sole. Personalmente, lavoro affinchè le donne possano mordere la vita e gustarla. Perché di questo si tratta: l’obiettivo che ti deve guidare, cara amica, non deve essere quello di perdere peso e di “fare la dieta”.Perché se ti focalizzi su questo modo di guardare alla cosa, credo che rientrerai nei meccanismi terribili di cui fin qui abbiamo parlato. Perché è un obiettivo giocato sul registro della mortificazione e del sacrifico. Metti a punto un’altra motivazione: che sia positiva ed abilitante, che ti dia la carica, che ti offra un vantaggio molto intrigante. È vero: occorrerà impegno. Ma il gioco vale la candela: l’obiettivo non è solo la perdita di peso ma l’imparare ad occuparti di te, a custodire salute e a cercare la soddisfazione reale nell’esistenza, non la sensazione surrogata di consolazione momentanea ottenuta attraverso un cibo che non ti nutre e ti ammala. Insieme impariamo a nutrirci: a mordere la vita. Ti aspetto.
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