Finalmente estate! Come cantava Celentano, la cerchiamo tutto l’anno ma… quando arriva ci coglie impreparate e ci fa paura. Proprio così: perché è la stagione in cui ci si scopre, in cui ci si mostra, in cui si sta in giro, si sta in mezzo agli altri. In cui l’ansia di non essere in forma si trasforma in tristezza. In cui la paura del giudizio e la certezza di non avere un aspetto da “beach girl” ci spingono a due classici atteggiamenti: odiarci e chiuderci in casa.
Condizionate dalla formula della “prova costume” varchiamo la soglia della bella stagione demoralizzate ed imbronciate.Cominciamo a provare tutti gli abiti, a confrontarci con tutte le donne in carne ed ossa e dentro tv e giornali: e ci sentiamo sempre in perdita. inadeguate. Impresentabili. A questo punto si acuisce l’atteggiamento di squalifica verso il nostro corpo. Ci curiamo ancora meno, rimaniamo fasciate dentro pantaloni lunghi e camice coprenti. Leghiamo i capelli un po’ come viene perché fa caldo. Arriviamo persino a non depilarci, intanto siamo coperte, intanto in costume non ci metteremo. Scarpe pesanti e chiuse, nessun centimetro di pelle a vista. Decliniamo gli inviti, soprattutto diurni: piscine e mare, escursioni e gite in bicicletta, che prevedono abbigliamento leggero e adatto a contrastare il caldo, ci mettono in imbarazzo. Perdiamo attenzione all’alimentazione, consumiamo i solitudine i nostri cibi-consolazione: ipercalorici, molli, dolci. Gelati e merendine sono gli amici fidati, intanto peggio di così non può andare, intanto per quest’anno l’appuntamento con la bellezza è stato mancato, c’è solo da aspettare che il caldo passi, e poi sì, da Settembre, sicuramente, ci impegneremo a curare la salute. A tornare in forma.
L’estate per molte donne è una penosa stagione di autosegregazione e di mortificazione: il livello di rabbia contro se stesse si fa altissimo.L’insicurezza diventa intima convinzione di essere brutte. Diventa rifiuto del proprio corpo, ribrezzo della propria immagine, sofferenza profonda e vergogna. Tutte emozioni chiuse nell’intimo: a nessuno si confida la pena, si cerca di sorridere, si diventa persino sarcastiche facendo battute tremende sul proprio aspetto, per prevenire gli altri, per cercare di mantenere un po’ di potere sulla situazione. L’ossessione di occultare e mimetizzare le forme odiate è un calvario. Il rifiuto della visibilità passa attraverso la scelta di un abbigliamento-corazza, non di rado scuro o molto neutro. Si vuole passare inosservate e invisibili quindi meglio limitare lo scambio sociale. Ci si esclude dalla movida. Si evitano lo spazio e le modalità dell’incontro, che sottopone all’angoscia della valutazione da parte dell’altro. Perché, naturalmente, la percezione di non essere belle equivale alla certezza di non valere nulla.Qualcuna, invece, sembra coraggiosamente infischiarsene, non si fa problemi, non si mette da parte: l’atteggiamento spavaldo può essere una maschera. La sofferenza interiore può invece essere grandissima, è solo molto nascosta, segreta. Qualcuna arriva a procurarsi delle lesioni, per punirsi. O ad adottare comportamenti pericolosi legati al consumo di alcool e righe o a frequentazioni promiscue.
Se ti riconosci, in tutto o in parte, in questi vissuti, è venuto il momento di fermarti a riflettere su quanto sia costoso alimentare questa visione così terribile di te stessa. Perché la spietata convinzione di non valere niente, di essere brutta, pigra, sformata, inguardabile, sporca è un’idea malsana, un atteggiamento mentale pericoloso. Che ti ammala. Un macigno appeso al collo che ti farà rimanere umiliata(l’etimologia della parola significa “appiattita al suolo”, buttata e abbandonata a terra), infelice, ti farà sentire in perdita, diversa, perduta, disperata. Indebolirà le tue capacità, la tua volontà, la tua gioia di vivere.
Non puoi curare nulla che non ami.La bellezza altro non è se non cura della salute. Èil rigoglio salutare del sistema biofisico, armonia ed equilibrio dei sistemi e gioia di partecipare al movimento della vita. Se coltivi l’aggressione a se stesse procuri un danno: che è anche biologico, ovvero riguarda cellule ed organi. Pensare male di te ti danneggia, ti svilisce, ti mortifica e conduce ad atteggiamenti e comportamenti distruttivi. Il gesto di cura richiede attenzione e tenerezza, sollecitudine per esigenze e bisogni, sorrisi e delicatezza. Non puoi demandare ad altri la cura di te stessa: è tua responsabilità, tu sei nelle tue mani.Puoi usare il tuo potere dirigendolo alla cura della tua stessa persona oppure puoi sprecarlo. Se senti di non star bene, se il tuo corpo è sofferente, appesantito significa che devi adoperarti per ricercare migliori condizioni di vita. Non ti serve un aguzzino ma un programma terapeutico. Questo ti serve: e lo puoi fare, hai il potere di occuparti di questo. Hai il dovere.
Sai come si inizia? Adesso, non a Settembre. Con l’impegno a smettere di darsi addosso e a lamentarsi per attivare la cura di sé e il potenziamento delle risorse interiori, emotive, mentali e motivazionali. Sei convinta di non esserne in grado? Ti garantisco che non è così: perché una delle facoltà dell’essere umano è la resilienza, una caratteristica mentale ed emotiva che permette di fronteggiare in modo funzionale difficoltà e stress. Non pensare sia un fenomeno straordinario. Essere resilienti non significa non sperimentare sofferenza, difficoltà, fatica: significa accettarli. Non rassegnarsi ma accettarli come parte del gioco della vita e non fermarsi ad essi, trattarli da tasselli nel puzzle dell’esistenza e andare oltre. Niente autosabotaggio e niente rassegnazione: il mio corpo soffre? Non sto bene? Il mio peso è fuori controllo? Attivamente andrò a fare tutto quello che può migliorare il mio stato di salute.
E non chiuderti in casa: la solitudine accentua i vissuti depressivi, che a loro volta abbassano i sistema immunitario, sregolano l’intestino, ci fanno ammalare, gonfiare, dormire male, mangiare di più ricercando cibi ipercalorici. Ci inchiodano al rimugino mentale, alle idee negative. Hai bisogno di contatto sociale, di immersione nella natura, di movimento. Hai bisogno di imparare a chiederti e a dire come stai. A chiedere aiuto. Ti accorgerai che siamo in tante a provare le stesse emozioni, a vivere i medesimi fallimenti, ad avere le stesse paure. Ti accorgerai che non sei un mostro né un marziano: sei una donna alle prese con problemi di donna. Da affrontare ora con sguardo nuovo.
È ora di ribellarsi alla famigerata “prova costume”, che attribuisce al nostro corpo (E A NOI STESSE!) un valore di “merce sociale”: un po’ come dire che l’avvenenza è l’unica caratteristiche da considerare per valutare che persone siamo. Davvero pensiamo questo? Davvero la taglia garantisce di che pasta siamo fatte? Davvero scegliamo le amiche, le spalle su cui piangere, gli amici giusti per fare una vacanza, quelli che vogliamo alla nostra festa di compleanno solo in base alla taglia di costume???? Il mercato vende grazie alle nostre paure: agita spauracchi e poi piazza le “soluzioni” (ovvero le merci) che ci rassicurano e che dovrebbero salvarci… La bellezza non sta in una taglia: piuttosto nella devozione verso il nostro essere una creatura alla ricerca della sua massima espressione vitale.Siamo belle quando sbocciamo alla vita, dischiudiamo potenzialità, caratteristiche, talenti, inclinazioni. Quando sentiamo di essere nel nostro posto. Pienamente nella nostra pelle, padrone delle nostre capacità psichiche e spirituali. Orgogliose di quello che siamo.