Hai mai pensato ai motivi che ti hanno spinto a fare una dieta? Non è una domanda sciocca, anche se tutte pensiamo che la risposta sia “perchè voglio dimagrire!”. Certo, ma a questo punto è saggio chiedersi che cosa vuol dire davvero dimagrire. Essere in forma, sentirsi bene nel proprio corpo, muoversi in leggerezza e recuperare buonumore sono tutte ottime motivazioni che possono sostenerci nell’adottare uno stile di vita più salutare ed un regime dietetico ottimale per il nostro organismo. Ma… spesso non è tutto qui. Perché in molti casi le donne non cercano la salute ma ingaggiano una lotta senza quartiere con se stesse alla ricerca di risultati non solo praticamente impossibili ma davvero contrari al loro benessere. Dietro quell’imperativo espresso con forza nell’”io voglio” si nasconde neanche troppo bene un atteggiamento severo ed impietoso, dettato da spinte interiori e poco in contatto con la realtà.
La motivazione che ci guida nelle scelte e ci sostiene nelle azioni è veramente molto importante ai fini dei risultati. Perché è poi quella con la quale ci misuriamo per valutare il grado di soddisfazione per gli effetti ottenuti. E questo meccanismo è particolarmente delicato quanto insidioso per quanto concerne le diete. Se partiamo condizionate da un’immagine ideale di noi stesse, che a tutti i costi vogliamo raggiungere, basata magari su stereotipi culturali o su fattezze corporee di donne che conosciamo e siamo solite invidiare per il loro aspetto, rischiamo di andare incontro a brucianti frustrazioni. Che trascineranno con sé conseguenze molto pesanti sul piano della salute e del nostro peso.
Eppure è piuttosto diffuso che il traguardo finale, la famigerata “dead line”, quella che ci fa esultare per la vittoria ovvero il cosiddetto peso-forma da raggiungere (qualche volta nella versione ancora più raccapricciante della taglia da ottenere) sia stabilito in maniera assolutamente unilaterale, imperiosa ed incontrovertibile da noi. In barba a qualunque considerazione realistica del nostro stato di salute globale, del peso attuale, dell’età, dello stile di vita e dell’incidenza di caratteristiche individuali legate magari alla presenza di patologie o squilibri di vario genere, tendiamo allegramente (si fa per dire!) a decidere qual è il nostro peso ideale, che ci farà raggiungere lo stato di felicità assoluta, risolverà la nostra vita, ci farà finalmente dire che siamo orgogliose di noi stesse e in sintonia con nostro corpo.
Nel segreto dei nostri pensieri e delle nostre fantasie coltiviamo con religiosa dedizione quell’immagine di noi magrissima e dunque bellissima, completamente trasformata nelle forme e e nel carattere, una vincente, una arrivata. Sogniamo ad occhi aperti quell’alter ego fantastico: perdendo la consapevolezza del fatto che quella sia una versione idealizzata di noi, che davvero poco ha a che fare con il peso, perché su di essa abbiamo proiettato tutti i nostri più intimi bisogni di accettazione, riconoscimento, amore. Una sorta di avatar potenziato, rinforzato di ogni possibile qualità, magicamente ottenuta in virtù di un’equivalenza irrazionale che vede “magrezza = bellezza = successo = felicità”.
Sappiamo tutte quante che ognuna di noi è diversa dall’altra tuttavia ci risulta davvero molto difficile accettarlo. In realtà ci imponiamo di assomigliare sempre a qualcun’altra che nella nostra fantasia è meglio di noi, sottoponendo tutti i nostri dettagli fisici devono al vaglio di mode, tendenze, giudizi severi emessi da noi stesse che inflazionano i bisogni di perfezione ed accettazione. E cosa ne deriva? Che ci lanciamo all’inseguimento di qualunque “consiglio” sia in grado di prometterci l’agognato traguardo. Siamo disposte a bere intrugli, ingurgitare pasticche, affamarci saltando i pasti, fare le più improbabili ed assurde diete lette in giro per far scendere il più velocemente possibile il verdetto mostrato dalla bilancia. Persino quando ci rivolgiamo alle specialiste della nutrizione, i cuor nostro ci proponiamo un obiettivo che non di rado si discosta parecchio da quello per il quale espressamente ci stiamo curando, diminuendo i chili e, soprattutto, continuando ad immaginarci in un corpo perfetto. Rimaniamo determinate e cerchiamo di fare tutto quello che sappiamo essere utile ai fini del raggiungimento della nostra “forma ideale”. Continuiamo la sfida.
Gli effetti di tante fatiche prima o poi arrivano: magari perdiamo anche tutti i chili che la specialista aveva detto essere in eccesso, che erano davvero tanti, 10 o 15. Eppure rimaniamo tristi ed insoddisfatte. Ci guardiamo allo specchio e non ci piacciamo. Pesiamo meno, siamo dimagrite parecchio ma… quella forma ideale non è stata raggiunta. Ci assale lo sconforto, ci sentiamo tradite da questo corpo che non ci ubbidisce, continua a remarci contro, ad allontanarci dalla felicità. Il cibo torna allora ad essere un rifugio, l’elastico dello yo-yo torna indietro e dopo essersi trattenute duramente (senza imparare l’amorevolezza verso noi stesse, senza aver imparato buone abitudini ed essersi armonizzate con uno stile di vita favorevole al nostro benessere) molliamo di schianto la dieta e cerchiamo consolazione in un modo di mangiare disordinato e compulsivo. Che sembra alleviare lo scoramento ma in realtà ci punisce del non essere diventate “come dovremmo e vorremmo essere”.
Ecco il pericolo di coccolare l’immagine ideale di noi. Ecco il pericolo di essere mosse dalla motivazione sbagliata. Gli ideali devono servire a ben altro, meglio lasciarli perdere quanto si parla di dieta. Soprattutto: è meglio affidarsi a delle professioniste. E’ la biologa nutrizionista, sulla base di una visita, di una valutazione globale della nostro sistema psicofisico e grazie a criteri improntati alla salute e non meramente all’estetica a poter mettere a punto un percorso altamente personalizzato e realistico. Che ci permetta di perdere peso e di acquisire competenza su quello che ci serve per stare bene. Non arriveremo alla forma ideale ma impareremo ad amare e custodire la nostra salute reale.