La responsabilità di passare il testimone

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È di nuovo estate! Ma… per molte donne il bel tempo non porta gioia e spensieratezza, ma una bella dose di sconforto e delusione per il proprio aspetto. Arriva il momento di scoprirsi, di sfoggiare abiti più civettuoli ed audaci, di giocare con colori ed accessori: eppure molte preferiscono i capi invernali, spessi e a strati, che coprono ed occultano forme che loro stesse si vergognano di avere. Molto spesso nei miei articoli, nei miei interventi a seminari e convegni, nell’intimità dei colloqui individuali mi trovo a lavorare con le donne per aiutarle ad imparare ad amarsi, a portare gratitudine verso il proprio corpo, passo indispensabile se si vuole davvero migliorare la propria salute e risolvere il sovrappeso e i disordini alimentari. Ma qui vorrei occuparmi di un altro risvolto della questione: che riguarda la responsabilità che abbiamo non solo verso noi stesse ma nei confronti delle nostre figlie, nipoti e di tutte le giovani donne che ci stanno intorno. 

Tutte le donne patiscono gli effetti degli stereotipi circa la magrezza e la capacità di seduzione; tutte vengono indotte a confrontarsi con modelli inavvicinabili offerti dai media, che per fini commerciali ostentano corpi femminili (ma anche maschili!) dalle fattezze scultoree, fotoritoccate. L’immaginario di tutte noi si intasa di immagini idealistiche, stereotipate, assolutamente artificiali, “vendute” come il traguardo cui ambire per essere seduttive, piacenti, “scelte” dagli uomini, apprezzate ed accettate dalla società. Come se la dignità di una persona risiedesse in una taglia piccolina. Anche tra di noi spesso siamo implacabili, e non lesiniamo commenti velenosi su chi è poco o troppo in forma, sulla lunghezza delle gonne o lo stile delle calzature. Tendiamo insomma a giudicare utilizzando semplicemente l’immagine fisica che l’altra propone… o di cui dispone. Siamo vittime di una cultura misogina e maschilista che ritaglia ferocemente con le forbici ed il metro la grandezza di seni, cosce e fianchi, che considera “inestetismi” quelle che spesso sono invece caratterizzazioni e peculiarità individuali: ma a nostra volta rinforziamo questa cultura nei confronti di noi stesse e delle altre donne, accogliendone i dettami ed i modelli, criticandoci vicendevolmente. È ora di farla finita. È ora di fare la rivoluzione. Culturale, eh, per carità! Ma che sia rivoluzione.

Proviamo a pensare a come parliamo del nostro corpo alle nostre figlie. A come parliamo del loro corpo. Ai commenti che facciamo sulle loro amiche o sulle donne che ci stanno intorno o vediamo alla tv. Proviamo ad ascoltarci e a prendere coscienza del senso di quello che stiamo facendo. Che cosa stiamo scambiando con le altre? Che cosa stiamo insegnando? Che cosa stiamo lasciando in eredità? Di cosa hanno bisogno le giovani ragazze? Di sprigionare l’energia vitale. Di liberarsi da un modo di intendere la bellezza che è spesso distante dalla salute. Di fare, con noi, la rivoluzione. Perché il corpo di una donna non è lo strumento per accaparrarsi la considerazione del maschio, senza la quale non si vale nulla… eppure quante energie questo modello assorbe? Quello che facciamo per essere belle è fatto in funzione dell’amor proprio o della conferma dei maschi?

Non denigriamo mai le nostre forme: il nostro corpo è l’unico che abbiamo, ci permette la vita, ci ha permesso di arrivare fino a qui. È forte. È saggio. È formidabile nel segnalarci quando non facciamo le cose giuste per noi, quando non abbiamo a cuore ciò di cui abbiamo bisogno. È in sovrappeso? Ci sta chiedendo di imparare ad alimentarci in un modo migliore. Ha la PCOS? Ci sta dicendo che abbiamo delle parti delicate, verso le quali nutrire gentilezza, scegliendo alimenti, atteggiamenti e comportamenti in grado di rispettarne le particolarità. Ha delle irregolarità? Ci sta chiedendo di imparare ad essere orgogliose della nostra unicità, valorizzandola. Il nostro corpo è lo specchio di quanto siamo attente a prenderci cura di noi. Avere una madre che denigra il proprio corpo significa imparare che è legittimo non avere rispetto per se stesse. Sentire commenti continui su quanto le gravidanze “sformino”, su come il del tempo che passa consumi la bellezza, deposita nella coscienza l’idea che la maggior parte della vita di una donna sia segnata dalla bruttezza. Che la gioia del corpo duri appena qualche anno mentre l’intera esistenza ci vedrà appassite e dimenticate. Senza alcun valore.

Smettiamo le litanie: “sono grassa”, “faccio schifo”, “non mi piaccio”, “le mestruazioni sono una disgrazia”, “mi vergogno”, “ho le gambe brutte”, “ma quella non si vede?”. Sono parole offensive, che non possono aiutare nessuno. Guardiamo al nostro corpo e ricordiamoci che è forte ed ha bisogno di essere maneggiato nel giusto rispetto delle sue leggi, del suo funzionamento fisiologico, tenendo presente le esigenze della biologia. Ha bisogno di essere nutrito con cibi buoni, freschi, sani e leggeri. Ha bisogno di movimento perché è stato costruito per supportare l’esistere, un verbo latino che nel suo significato originario ci ricorda che la vita è un’azione di moto a luogo (il verbo esistere è formato dal termine “essere” preceduto dalla particella “ex” che in latino governa proprio il significato di moto verso luogo). Ha bisogno di allegria per risplendere. Del contatto con la natura per respirare. Delle carezze per rimanere vivificato. 

Come parlare alle nostre figlie dei nostri e dei loro corpi? Insegnando la gentilezza, che non è solo cortesia nel parlare agli altri e capacità di leggere e rispondere ai loro bisogni. È sollecitudine verso ogni singola nostra parte. È meraviglia nel constatare come ogni funzione sia intrecciata alle altre per permetterci la molteplicità di gesti e attività che sostengono la quotidianità. Insegna ai tuoi figli la gioia di sentire la forza che scorre, che pronta si presenta se trattiamo il corpo rispettandolo e amandolo. Non dire mai che ti vergogni di come sei fatta: perché la vergogna presuppone una colpa, un atto riprovevole. Non c’è alcuna vergogna nelle nostre forme. Semmai, abbiamo la responsabilità di rimanere rigogliose e forti, di permettere al corpo di essere sostegno e veicolo dei nostri progetti, delle nostre azioni, mezzo attraverso il quale lasciare la nostra impronta speciale e unica nel mondo. Abbiamo la responsabilità di tenerci in salute: di evitare ciò che ci ammala, ci danneggia, impoverisce le nostre risorse e riserve. 

Insegniamo alle nostre figlie l’importanza di conoscere le buone abitudini che ci mantengono in salute: qual è il miglior metodo? Facendo sì che siano il nostro stile di vita, quello in cui le alleviamo. Insegniamo i gesti amorevoli della cura del corpo: che non sono le diete che affamano stralciate dai giornali o l’abitudine di saltare i pasti per “tenere la forma”. Insegniamo la consapevolezza che la bellezza è il piacere di rimanere in salute, di scegliere il meglio, di ritagliarsi del tempo per sé senza sentirsi in colpa. Insegniamo che il riposo è una medicina. Che nessuno può insultarci o dirci che dobbiamo stare zitte, perché chi ci umilia con parole e azioni ci ammala e ci imbruttisce. Stringiamole a noi dicendo che sono una benedizione, che ci inorgogliscono, che sono delle bellissime donne perché fanno il mondo più bello. Siamo belle quando risplendiamo, quando ci muoviamo seguendo passioni ed inclinazioni, quando ascoltiamo i nostri bisogni profondi, quando allontaniamo persone e situazioni tossiche ed avvilenti, quando ci godiamo la compagnia delle altre donne e di chi ci vuole bene. Siamo belle quando manifestiamo la pienezza delle nostre risorse interiori, quando siamo soddisfatte di quello che facciamo e di chi siamo. Siamo belle perché rimaniamo in ascolto dei nostri desideri e della nostra originale voce interiore. Allora l’anima canta e il corpo si illumina e non c’è alcuna fatica nel prendersi cura di sé. Forza però: dobbiamo dare il buon esempio. Affermiamo che essere femmine è bellissimo ed impegniamoci a lasciare un’orgogliosa eredità: fare le cose per il piacere nostro e non per far piacere a qualcuno. 

Autore: Barbara Alessio

Mi chiamo Barbara e sono una psicologa psicoterapeuta psicodiagnosta. Da quasi 25 anni accompagno le persone in percorsi di crescita, cura, sviluppo. Parlo alle donne per aiutarle nel loro cammino, per non lasciarle sole, per ascoltarle, sostenerle, sciogliere i loro dolori e spronarle a prendere in mano la loro vita e la loro salute. Psicologa con iscrizione all'Ordine degli Psicologi del Piemonte n. 1839.