Il blocco di metà dieta

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Forse è capitato anche a te: hai iniziato la dieta piena di entusiasmo, hai ottenuto alcuni risultati, hai tenuto duro per alcuni mesi. E poi ti sei arenata. Quasi senza accorgertene hai cominciato a sgarrare, a lasciare perdere le indicazioni. Spesso hai trovato velocemente un colpevole cui attribuire la responsabilità dell’arresto: manca il tempo per la spesa, la dieta è sbagliata e/o troppo onerosa, comporta una preparazione dei cibi che ti annoia ed irrita. L’attività fisica viene disertata. Non ti presenti ai controlli perché ti vergogni di non avere più ottenuto risultati. Ma anche perché hai perso fiducia nella specialista, che non ha fatto il miracolo. Hai cominciato a sentire quella vocina dentro di te che ti colpevolizzava e ti dice che non ce la farai mai, che ogni volta finisce così, anche questa volta. E così, “nel bel mezzo del cammin della dieta”, ti ritrovi abbattuta, lasci perdere tutto, ti rassegni. Pensi che non ne uscirai mai. Perchè succede tutto questo?

È bene sottolineare che questo decorso è comune a moltissime donne. È vero, c’è qualcuna che procede costante ed inflessibile nel suo programma, ma nella maggior parte dei casi la battuta d’arresto arriva puntuale. Ed infligge un doloroso colpo all’autostima ed alla motivazione, determinando l’innesco di comportamenti compulsavi legati al cibo, che spesso comportano un aumento del peso da cui si era partite. E, soprattutto, allontana dai percorsi terapeutici, perché il meccanismo di difesa che si adotta è quello di incolpare la dieta stessa o chi l’ha messa a punto. Si chiama “razionalizzazione” e porta a fabbricare convinzioni assolutamente soggettive in merito al proprio disturbo: ci si convince che il proprio caso è particolarmente grave e resistente ad ogni trattamento. Che la PCOS ha prodotto oramai dei danni irreversibili ai processi metabolici, tali per cui non si risponde più al controllo alimentare. Che si è intolleranti ai cibi consigliati. Si cerca in rete l’esperienza di altre donne, ed ovviamente si trovano blog di pazienti che affermano di come la dieta non serva a nulla, che anche loro hanno avuto miglioramenti iniziali per poi andare incontro ad un fallimento. Tanti casi che raccontano di metabolismi impazziti e disregolazioni ormonali incontrollabili, di terapie impossibili. Il cerchio si chiude: abbiamo la conferma di essere tra quelle che non ce la faranno mai perché la PCOS ci ha rovinato per sempre.

Ma nel nido della psicoterapia lentamente si può far luce su quanto sta effettivamente dietro tutto questo. Perché l’ostacolo non è la PCOS: bensì la psiche. Occorre interrogarsi profondamente, ascoltarsi con grande disponibilità per comprendere quale significato il cibo ricopre nel nostro personalissimo mondo interiore. Per rivelare i cosiddetti “vantaggi secondari” dell’obesità. Non stiamo qui negando il substrato organico della PCOS: stiamo affermando che sotto la difficoltà a dimagrire stanno parecchie questioni. La PCOS spesso comporta il sovrappeso: ma la difficoltà a seguire una dieta e a cambiare stile di vita non dipende dalla patologia endocrina di per sé. È imputabile, piuttosto, al significato psicologico che attribuiamo a certi cibi e ad un certo modo di alimentarsi. Mangiare non è un atto meccanico e  schematico. Ognuno di noi ha i propri riti ed i propri miti. E trova nel cibo un proprio personale rifugio. Ecco perché è difficile mangiare alimenti diversi da quelli che spontaneamente sceglieremmo. E la difficoltà nella dieta sta nello scalzare proprio le zone di comfort, l’utilizzo del cibo, di certi cibi (morbidi, zuccherini, grassi) come momento di solitaria e profondissima consolazione. Il cibo è piacere. Eliminare quegli alimenti significa privare la psiche, non tanto il corpo!, di un rifugio pret-a-porter, che ci avvolge prontamente in spire di piacere, che seda ansie e paure, ci riempie, ci fa compagnia, ci accoglie. Ci coccola. Non basta insomma sapere che cosa dobbiamo mangiare per stare bene: questo ce lo insegna la nutrizionista, e siamo così contente di avere finalmente qualcuno che metta a punto la migliore dieta per recuperare la salute! Dopo qualche mese, però, e nonostante i miglioramenti, lentamente perdiamo mordente e ricadiamo nei vecchi schemi, nelle care vecchie insalubri abitudini alimentari. Che ci ammalano ma allo stesso tempo consentono oasi, parentesi di piacere e rifugio attraverso il cibo.

Diventa allora fondamentale riconoscere che nella nostra vita, in realtà, di quel tipo di piacere, solitario ed incondizionato, regressivo ed autogestito, ne abbiamo psichicamente molto bisogno. E’ un bisogno antico, infantile, che non riusciamo a controllare attraverso la volontà. E’ un rito salvifico per la nostra psiche. Dobbiamo consapevolizzarlo e lavorare poi per far crescere, evolvere e maturare quest’aspetto infantile della personalità. Consolidando fiducia in sé stesse, solidità, capacità di resistere alle frustrazioni ed alle emozioni negative, diminuendo il bisogno di fughe nei cibi proibiti, nella rassicurazione profonda regressiva che passa attraverso il riempirsi. Facendo così emergere nuovi aspetti di sé, con caratteristiche di forza, determinazione, lucidità, tenacia, tenuta emotiva. E per sostituire quel piacere con altri piaceri. E’ un vero e proprio cambiamento interiore, un lavoro psichico di maturazione di cui si incarica il percorso psicoterapeutico.

E non è tutto qui. Perché sembrerà pazzesco, ma anche se si arriva ad odiare il sovrappeso, a maledire l’immagine che lo specchio ci rimanda, beh si deve riconoscere che proprio quella forma è allo stesso tempo molto rassicurante. La riteniamo antiestetica, francamente indesiderabile tuttavia è “la nostra”. In essa ci riconosciamo da tanto tempo. In quella “pelle” ci stiamo da tanto, la conosciamo bene ed attraverso di essa, soprattutto, abbiamo finora misurando il mondo. In essa ci siamo nascoste. Letteralmente. Ci siamo camuffate, abbiamo affogato dispiaceri, ingoiato rabbia e ingiustizie. L’inizio di una dieta, con i primi risultati, viene avvertito immediatamente come un grande successo. Finalmente! Ma dopo qualche mese… che paura…. Abbiamo un’altra forma. Altre aspettative su di noi, altri atteggiamenti ci vengono riservati. Tutti si avvicinano, si complimentano, si attendono che ci scopriamo di più, che ci muoviamo più disinvolte, più disinibite e sicure. Gli uomini ci notano, ammiccano, ci cercano. Che paura. Guardiamo le altre donne: e adesso? Cosa ne faccio di questa nuova forma? Come la vesto? La sensualità, la seduzione, come le maneggio? Gli scambi interpersonali, gli inviti, il flirtare: mi sento un’aliena. Che paura. E allora la mente ci soccorre: ricerca le vecchie care abitudini, le forme di un tempo. Che non sono solo forme fisiche: sono anche atteggiamenti, stili di vita, strategie sociali. Corazze e protezioni.

Alla luce di quanto scritto forse possiamo meglio comprendere il significato della difficoltà, ad un certo punto, di proseguire il nuovo regime dietetico che la PCOS richiede. Dobbiamo mettere in conto il blocco: ma non fermarci a quello. Dobbiamo chiedere aiuto ed essere coscienti che non è affatto un fallimento ma l’arrivo ad un importante traguardo: il momento in cui possiamo spogliarci di una vecchia forma e rinascere a nuova vita. In salute. W la vida!  

Leggi i commenti (2)

  1. Arrivata alla fine della lettura sono scoppiata a piangere perché mi sono riconosciuta in tutti gli atteggiamenti e comportamenti descritti. Poi però, rileggendo, ho percepito anche speranza e solidarietà. Grazie per questo articolo meraviglioso: mi ha dato molti spunti su cui riflettere.

    1. Cara Letizia,
      grazie per il tuo commento. Riconoscere gli atteggiamenti è già un successo, e siamo orgogliose che ti sia aperta con noi.
      Rileggilo tutte le volte che vuoi questo articolo, perché c’è speranza e solidarietà nelle nostre parole ma sopratutto è lo spunto per trovare dentro di te il coraggio che di certo non ti manca.

      Siamo con te in questo percorso, sii determinata e fiera di te!

      Un caro saluto da tutte noi.