Ti guardi allo specchio e non ti piaci. Ti senti uno straccio. Non sai come vestirti, ti sembra che nulla ti stia bene. Sai che devi metterti a dieta, ma ogni giorno rimandi. Ti sembra di non farcela. Tanta fatica per non avere risultati. Hai paura del giudizio degli altri: pensi che ti deridano, che non ti considerino abbastanza. Che non vedano davvero chi sei. Ma… sei sicura di non essere tu la tua peggior nemica?
Quando non stiamo bene con noi stesse ci isoliamo. Ci chiudiamo in noi stesse, tendiamo a non parlare con nessuno di come ci sentiamo davvero. Diventiamo ascoltatrici ma non confidiamo a nessuno i nostri veri sentimenti, il dolore, la solitudine che ci congela. Ci sentiamo incomprese e dimenticate ma siamo noi stesse ad allontanarci e chiudere i ponti. Ci rendiamo irraggiungibili. Arriviamo a fingere spensieratezza ed allegria pur di allontanare ogni argomento che ci riguardi davvero. Non vogliamo appuntamenti con noi stesse. Rimaniamo così nelle nostre convinzioni, in quello che crediamo di conoscere di noi stesse: che siamo diverse, non siamo belle, valiamo meno, non riusciamo in niente. E ci rintaniamo in un guscio di abitudini, ripetendo sempre le solite azioni, che sappiamo essere dannose ma che ci rassicurano. Piangiamo. E mangiamo. Mangiamo. Non seguiamo le diete, sprofondiamo nei divani a guardare programmi noiosi che non ci interessano, sprechiamo energie ciondolando. Come criceti in gabbia, ci muoviamo automaticamente credendo di consolarci. Invece… ci stiamo autocommiserando. Ci stiamo compatendo.
Vorremmo che gli altri si accorgessero di noi ma siamo le prima ad allontanare tutti e soprattutto ad evitare di ascoltarci. Siamo le prime a non dare voce alle nostre emozioni profonde, ai desideri. Aspettiamo sempre che qualcosa cambi, aspettiamo il momento giusto, aspettiamo di avere il coraggio. La verità? È che non vogliamo dirci che abbiamo un problema. Non vogliamo riconoscere di avere bisogno di aiuto. Peccato: perché questo è davvero l’unico problema che abbiamo, ovvero la non disponibilità a riconoscere che dobbiamo farci aiutare, che dobbiamo fare qualcosa per noi e la nostra salute e che ci serve un aiuto a farlo.
Sembra incredibile ma dietro la nostra paura del giudizio degli altri sta in realtà il giudizio spietato che noi stesse abbiamo su di noi. Abbiamo paura che gli altri pensino di noi che siamo inette, brutte, incapaci, svogliate e senza forza di volontà, deboli, diverse, inferiori. Ma siamo noi stesse a crederlo. E così ci imprigioniamo in un vittimismo che diventa uno stile di pensiero e di comportamento. Diventiamo quello che abbiamo paura di essere. Pensiamo che sia troppo difficile fare qualcosa per noi. Stare meglio. Ed ecco che arriva la buona notizia: noi siamo ben di più delle nostre paure. Se smettiamo di darci addosso, di giudicarci con severità e cominciamo con tenerezza e costanza ad occuparci del nostro problema, ascoltandoci con pazienza e senza giudizio, arriveremo a sentire che dentro di noi abbiamo tantissime risorse cui attingere per cambiare abitudini. Ma dobbiamo prima di tutto cambiare i nostri pensieri.
Fermati un attimo e sii onesta con te stessa: quanto tempo trascorri ad immaginare di essere diversa? Ad immaginarti simpatica, attraente, sicura di te. Quanto volte ti ritrovi a pensare che il destino sia ingiusto ed avverso e che a te vada sempre tutto storto? Questi pensieri costituiscono in realtà il nocciolo del tuo problema. Sono credenze negative che si inghiottono tutta la tua energia, che spostano il problema fuori di te (“sono sfortunata”, “con me non funziona nulla”, “sono malata”) rendendoti passiva, inchiodandoti proprio a ciò che tu rifiuti. Nulla cambierà davvero se non inizierai a pensare che ciò che ti fa stare male può cambiare: e tu, SOLO TU, hai il potere di farlo cambiare. Hai il potere di occuparti di te, della tua salute, della tua forma psicofisica. Della tua felicità, certo. Ma… sei pronta ad usarlo?
In molte dicono: non è facile. È vero. Serve coraggio: sai quale? Quello di dire “basta, adesso mi occupo di me”. Smettere insomma di lamentarsi, nascondersi, attendere passivamente che qualcuno ci salvi. Noi donne in questo siamo tristemente maestre, forse abbiamo male interpretato le fiabe dove un principe arrivava a salvarci, ribaltando il nostro disgraziato presente in virtù si una pura fortuna, un aiuto rassicurante, che arriva inatteso e non richiesto. Questo atteggiamento molto diffuso è uno schema infantile che ci frega perché non ci impegna, non ci ingaggia e non ci costringe a fronteggiare in modo maturo, attivo e consapevole i nostri problemi. Ma non è questo il vero significato della fiaba! Le Principesse (Biancaneve, Cenerentola e le altre) e il loro Principe sono in realtà tutte parti diverse presenti contemporaneamente dentro di noi. Il Principe è in realtà la nostra parte “maschile”, un’energia solare e determinata che bacia quella femminile più passiva, e la “attiva”, la completa, la rende “abile”. È una istanza di responsabilità e fattività che ognuna di noi possiede. Ma attenzione: anche la Matrigna è una nostra parte!!! Si guarda allo specchio, non è mai contenta, non è mai sicura, mai in pace con se stessa, tormentata dal confronto con l’altra, invidiosa. Dunque: quale parte attiviamo quando ci abbattiamo e ci sediamo in un angolo a piangere le nostre sfortune?
Ognuno di noi è affezionato ai propri sintomi: abbiamo paura di cambiare. Ma possiamo farcela. Se lasciamo andare i pensieri tremendi su noi stesse e l’abitudine al vittimismo. Può essere difficile: ma non possiamo sempre scegliere la via più semplice. Se saremo disposte a guardarci dentro in profondità, scorgeremo certo le nostre parti fragili ma anche la forza per occuparcene. Il coraggio di cominciare. Come ogni fiaba insegna, gli eroi sono i bimbi. Proprio le parti piccole di noi, quelle deboli: quanti enormi progressi da bambine! Ce ne siamo dimenticate: ma anche quella parte è viva nel nostro intimo e quella forza indomita è ancora dentro di noi. E lo sarà per sempre. Che il viaggio abbia inizio. Noi siamo con te.