Si legge spesso come la PCOS sia correlata a livelli elevati di stress nelle donne che ne sono colpite. Di questa correlazione ne abbiamo più volte parlato nei nostri articoli, spiegando come lo stress agisca su tutti i distretti del corpo, in massimo grado su quelli ormonali. La PCOS può essere una risposta finale ad una somma di stress recenti ma anche molto antichi nella donna. Oggi però non vogliamo occuparci tanto di quei meccanismi biologici (che riguardano tutti gli assi, ormonale, neurologico ed immunitario) e psicologici che regolano le complesse interazioni fra i nostri sistemi organici e gli eventi, le esperienze ed i climi emotivo-affettivi nei quali viviamo. Piuttosto vogliamo ribadire come la cura della PCOS debba sempre essere intesa come un intervento globale di contrasto ai danni causati dallo stress, che sono reversibili. E può allora affiancare alla medicina ed alla biologia della nutrizione molte altre tecniche di cura, molti interventi terapeutici: tra i quali ha un ruolo significativo l’arteterapia.
Intanto il significato attribuito al disturbo, il modo in cui lo fronteggi, rimane l’elemento più significativo nel trasformare la diagnosi in evento stressante o meno. Puoi e devi attivare le tue risorse interiori: anzi, la cura della PCOS può comportare l’inizio di un processo di guarigione molto più ampio, che investe l’intera tua vita, il tuo grado di soddisfazione e di realizzazione. Perché ti imporrà un lavoro di ristrutturazione del suo stile di vita, a partire dall’alimentazione fino alla cura del tuo tempo libero, dei tuoi pensieri e delle tue emozioni. La salute dipende al 70% dal nostro stile di vita: affrontare la cura di un disturbo significa fare appello alla tua “resilienza”. La resilienza è una caratteristica mentale ed emotiva che caratterizza quelle persone in grado di fronteggiare in modo funzionale difficoltà e stress, facendo leva e potenziando le risorse interiori, emotive, mentali e motivazionali, che dentro di noi sono enormi. A questo proposito però è bene ricordare come qualunque malattia possa però rappresentare l’esito finale e visibile di una somma di vicissitudini dolorose, traumi, pesanti frustrazioni subite passivamente, aggressioni e rinunce, in qualche misura tradimenti della nostra unicità e vocazione autentica. La cura della PCOS passa primariamente attraverso l’adozione di una dieta personalizzata e l’integrazione di una efficace attività fisica ma non può limitarsi a quella. Perché qualunque intervento terapeutico che dimentichi la tua dimensione squisitamente psicologica, il mondo delle tue emozioni e dei tuoi vissuti, delle tue paure e delle tue sofferenze non potrà mai veramente “curarsi di te”.
L’arteterapia è una “terapia per mezzo dell’arte”, condotta attraverso una pluralità di mezzi artistici e diversi approcci terapeutici. Un insieme di tecniche creative che utilizzano le espressioni artistiche, fondamentalmente il gioco, per esplorare la tua soggettività, per esprimere contenuti di cui non sei consapevole che possono veicolare emozioni dolorose ma anche risorse formidabili. Senza ricorrere alla parola, che in momenti di crisi può essere inceppata o esageratemente “contraffatta” dall’educazione, dalla tradizione, da tutto ciò che già sappiamo di noi. Un’espressione di ciò che sta dentro di te che è allo stesso tempo manifestazione ma anche sperimentazione, epifania, elaborazione e trasformazione. La produzione che ne deriva appartiene allo “spazio psichico transizionale”, ovvero è contemporaneamente nella realtà esterna ma allo stesso tempo intrisa e investita di significato squisitamente soggettivi, unici, interni. Nel lavoro arteterapeutico sei artefice, artista: hai una posizione attiva che ti strappa dalla sensazione di “subire” un destino avverso che può essere nata alla comunicazione della diagnosi. E la funzione creatrice che si attiva nel l’arteterapia permette un cambiamento interiore, una trasformazione, una crescita ed uno sviluppo. L’arte arriva là dove non può la parola: e può guarirci nel profondo, nel corpo e nella mente.
Le espressioni ed i codici dell’arteterapia sono molteplici e comprendono la musica, la danza, la pittura e la scultura, il teatro, la letteratura e la scrittura (anche autobiografica), il cinema e la fotografia secondo diverse scuole teorico-tecniche. L’arteterapia è rivolta a tutti, non ha la pretesa di formare artisti ma di ricollegarci ad una funzione creativa innata (ti prego, non dire che non sai disegnare, perché innanzi tutto non è vero e poi perché qui non si tratta di fare un bel disegno ma di esprimere il proprio mondo) che l’essere umano ha da sempre utilizzato proprio a scopi terapeutici e spirituali. La tua opera ha senso indipendente dal suo risultato estetico: ha senso perché parla di te e ti parla, ti mette in comunicazione con le tue parti interne e le mette in comunicazione fra loro. Ti porta la gioia di una produzione spontanea, che sarà sempre più ricca più sentirai fiducia nelle miniere della tua individualità.
Musica (compreso il canto) e danza sono particolarmente potenti nel caso di disturbi che coinvolgono il corpo, proprio perché propongono un lavoro (soprattutto la danza ed il teatro) che coinvolge l’interezza, complessità e unicità dello psicosoma, in una dimensione di gioco, equilibrio, ricerca dell’armonia ma soprattutto del proprio ritmo. La danza ci ricollega ai ritmi naturale del corpo ma anche della terra, ci allena a cercare costantemente un punti di equilibrio attraversando molteplici sbilanciamenti, senza paura di rimanere bloccate nei passaggi o mummificate in una data posizione.
Nel presidio del nostro benessere e della nostra salute, nel percorso di apprendimento alla cura di noi stesse, anche la fruizione dell’arte ha un suo posto. E vivere in un Paese cosi artisticamente ricco come l’Italia può avvantaggiarci! Sono numerosi gli studi neurofisiologici che assegnano un urlo terapeutico non solo alla produzione artistica ma anche alla sua fruizione, quindi al contatto (certamente visivo ma possibilmente non solo) come le opre d’arte. A patto che si cerchi un autentico coinvolgimento nella relazione, nel dialogo, nell’incontro. In una vera esperienza di partecipazione estetica, che è “farmaco emozionale”. La contemplazione di un’opera d’arte produce una scarica di dopamina, quel magico neurotrasmettitore che regola il nostro umore ed attiva i centri di ricompensa del piacere del cervello. L’arte fa stare bene liberando buonumore ma anche incanto e meraviglia, gioia. La passeggiata in un museo, la visita ad una cattedrale o a rovine imperiali sono anche uno strumento per rallentare il ritmo della vita, le pressioni a cui siamo abituate, è una sorta di scollegamento vero e proprio: ci riporta al “qui ed ora”. Ferma il rimugino mentale. Allarga la mente. Fa bene. Buona arte a tutte.