I problemi nell’alimentazione sono davvero diffusi ma è importante innanzi tutto avere una buona consapevolezza del proprio comportamento per capire se è il caso ci cercare un aiuto specialistico ed eventualmente a quale specialista rivolgersi. Sei convinta di avere un disturbo alimentare? Pensi invece di essere solo sovrappeso? Ma che differenza c’è? Dappertutto si parla di diete ma la questione del peso e del cibo viene erroneamente ridotta ad un calcolo di calorie. Richiede invece un approccio più raffinato. Credenze erronee, approcci superficiali, nozioni incoerenti ed inaffidabili che creano aspettative di facili e veloci risultati e finiscono per scoraggiare e indurre a creder di essere incapace e “diversa”. L’alimentazione è una funzione molto delicata nella nostra economia psicologica: su di essa si riversa il peso dell’educazione, dello stile di vita famigliare ed attuale, delle mode, dello stress, delle crisi esistenziali. Facciamo allora un po’ di chiarezza partendo da un comportamento nei confronti del quale si fa spesso confusione, le “abbuffate”, per definire poi “binge eating disorder”, bulimia ed anoressia.
Cosa distingue un’abbuffata da un’alimentazione eccessiva e/disordinata? Se ogni tanto esagero vuol dire che mi abbuffo? Chi si abbuffa dopo cerca sempre di vomitare? Le abbuffate sono una condotta che riguarda molte persone: qualcuno non ci dà importanza, chi le considera un “peccatuccio”, altri hanno dolorosa coscienza che si tratti di un problema molto radicato da cui cercano di liberarsi da tempo, senza riuscirvi. Indulgere a volte in pasti anche molto abbondanti non significa avere abbuffate. Per soffrire di abbuffate ci devono essere due condizioni:
- la sensazione/convinzione di avere assunto una quantità eccessiva di cibo
- soprattutto, di averlo fatto in una condizione di perdita di controllo, quasi sotto l’influsso di un comando interiore coercitivo, di un impulso incontrollabile. È un comportamento automatico, quasi una trance, una forza potente che spinge a mangiare secondo una modalità “compulsiva”, che inizialmente fornisce una sensazione di sollievo, soddisfazione, piacere ma che velocemente lascia spazio a disgusto, vergogna, colpa. Il cibo, tipicamente dolce, grasso, “proibito”, è ingurgitato, in fretta, quasi senza masticare, e in segreto e solitudine, lontano dalla vista altrui.
Tutte le emozioni negative, l’agitazione e la paura ma anche la solitudine e la noia possono scatenare un’abbuffata. La presenza di abbuffate distingue quello che si definisce “binge eating” (il comportamento di abbuffarsi) da un’alimentazione quotidiana abbondante e sregolata. In questo quadro le abbuffate sono frequenti e creano condizioni che interferiscono con la salute e la qualità della vita, compreso difficoltà economiche legate alle quantità di alimenti acquistati allo scopo. Molte persone che soffrono di questo problema non lo confessano a nessuno e non cercano aiuto, lo nascondono anche al professionista cui ricorrono quando provano a mettersi a dieta. Tipicamente tendono a mangiare molto ai pasti e poi presentano abbuffate ricorrenti, spesso sono in sovrappeso o francamente obese. Però va chiarito che molte persone che si abbuffano non hanno un vero e proprio disturbo alimentare, quanto piuttosto un disordine dell’alimentazione: le abbuffate sono davvero occasionali (trascorrono mesi tra l’una e l’altra o addirittura anni) e non causano problemi alla salute. Questo significa che non hanno problemi? Non è detto. Le ricerche affermano che esiste una correlazione tra “binge eating disorder” e PCOS, ovvero che molte donne con sindrome dell’ovaio policistico si abbuffano, con molta frequenza tendono all’obesità e la disregolazione dell’alimentazione causa un peggioramento della sindrome.
Quando alle abbuffate segue il ricorso a metodi estremi di controllo del peso (vomito autoindotto, uso eccessivo di lassativi e/o diuretici, esercizio fisico intenso, digiuno) e la persona è normopeso ma è ossessionata dal peso e dalla propria forma fisica, allora si è in presenza di un quadro di “bulimia nervosa”. Il “binge eating” si distingue dalla bulimia nervosa perché non presenta metodi estremi di controllo del peso attuati come compensazione delle abbuffate. Quando invece l’individuo è sottopeso, il quadro è quello di “anoressia nervosa”.
Quindi le abbuffate possono presentarsi in molti disturbi dell’alimentazione ma anche in situazioni che dal punto di vista clinico sono sottosoglia, ovvero non rispondono ai criteri che abbiamo elencato per i diversi quadri. Inoltre molti quadri evolvono nel tempo, e le persone possono passare da un tipo di disturbo ad un altro, in uno stato di salute psicofisica molto critico. Dobbiamo doverosamente aggiungere a questo proposito come il sottoporsi in modo ricorrente a diete fai-da-te, estreme ed incontrollate, crea una condizione psicofisica particolarmente adatta a scatenare delle abbuffate. Ritardare o saltare i pasti, ridurre drasticamente l’apporto complessivo di cibo, negarsi completamente dei cibi considerati “pericolosi e proibiti” è certo un modo che mette sotto pressione fino alla perdita di controllo dell’abbuffata.
Ciò che accomuna tutte queste situazioni, tuttavia, è una sofferenza psichica, che non può essere tralasciata se si vuole risolvere il problema e se si cerca la salute. Ecco perché un intervento limitato alla dieta è con alte probabilità destinato al fallimento o a successi parziali, cioè mantenuti per un breve lasso di tempo, fino a quando le solite modalità disfunzionali di alimentarsi riemergono, spesso con rinnovato vigore, senza che la persona riesca a controllarle. Perché la sensazione che si sperimenta è un vero e proprio “craving” ovvero il bisogno incontrollabile di ingurgitare cibo. Il nodo problematico sottostante (sia per chi soffre di uno dei succitati disturbi sia per chi non riesce ad avere un’alimentazione equilibrata) è la gestione delle emozioni e la mancanza di solide strategie di coping. Si tratta di difficoltà nei confronti della frustrazione, la rabbia, la disistima di sé, l’insicurezza, un rapporto ambivalente e insicuro con la femminilità.
Se vogliamo curarci dobbiamo procedere onorando la complessità dei nostri sistemi biologici e psicologici, tenendo conto della nostra particolarissima storia, dello stato di salute attuale: soprattutto, dobbiamo avere il coraggio di guardare ciò che sta dietro ai sintomi, a quelle che sono le radici di abitudini e comportamenti alimentari molto pericolosi. A questo serve l’appoggio psicoterapeutico nel lavoro della biologa nutrizionista. Perché in gioco non c’è solo il peso corporeo o la taglia dei blue jeans: c’è il liberarsi dalle catene di ossessioni e compulsioni.
ciao, sono una ragazza di 16 anni, sono alta 1.65 e peso 49/50 kili.
ho iniziato a dimagrire quest’estate togliendo soltanto le merendine, dopo un po’ che sono andata avanti ho tolto praticamente tutto, e mangio una volta al giorno o yogurt o verdura, ma ci son giorni in cui mi sale la fame e non smetto più di mangiare ( una/ due volte alla settimana). qualche volta mi capita di vomiate, ma la maggior parte delle volte digiuno totale del giorno dopo, volevo chiedere come faccio a controllarmi su questo fatto, non c’è la faccio più
Cara Elisabetta, grazie di averci confidato la tua pena, so che è difficile aprirsi.
Rendersi conto di avere bisogno di aiuto e di non voler più continuare così è già un successo. Sei stata coraggiosa nel riuscire ad ammettere che la situazione ti fa stare male e ti è sfuggita di mano. È il segnale che puoi intraprendere un cammino alla ricerca di un nuovo equilibrio e della tua serenità interiore.
Affidati con fiducia ad una biologa nutrizionista e ad una Psicoterapeuta, che potranno collaborare per sostenerti ed aiutarti. Sei giovane e ne verrai a capo, diventerai solida e forte. Vedrai.
E tienici informate sui tuoi progressi: noi del team LotusFlower tifiamo per te!
Abbi sempre sempre cura di te.
Un abbraccio da tutte noi,
Dottoressa Barbara Alessio