Giù le mani dallo zucchero

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Ma esiste la dipendenza da zucchero? Ebbene si! Ed è molto insidiosa, anche perché si appoggia al vezzo di usare i dolciumi fin dalla più tenere età per “consolare” e “premiare”, chiamandole persino “coccole”. Ai meccanismi fisiologici si sommano così i rinforzi psicologici. Gesti all’apparenza innocui e ripetuti che diventano cattive abitudini molto radicate. E molto dannose. Difficili da estirpare. Vediamo di comprendere meglio quali meccanismi utilizza lo zucchero per essere avvertito dalla nostra mente come irrinunciabile e quali danni arreca, non solo alla linea. Per concludere con qualche consiglio per ridurne il consumo.

L’eccesso di zucchero produce effetti molto nocivi sul cervello, sia per quanto riguarda le funzioni cognitive che il benessere psicologico. Blocca, infatti, la produzione quotidiana di cellule staminali che avviene in una struttura cerebrale specifica, l’ippocampo, dalla quale ogni giorno migrano nei comparti cerebrali che sono più attivati, dunque impegnati nell’apprendimento ed in altre funzioni cognitive, per differenziarsi in quelle sedi come cellule nervose. Concentrazioni  elevate di zucchero si traducono allora in una compromissione dei processi di apprendimento e memoria ma anche del sistema di riparazione dei danni cerebrali provocati dall’invecchiamento. Col tempo, può anche verificarsi uno stato insulino-resistente, negativo per il corpo ed altrettanto per il cervello dal momento che l’insulina ha un ruolo facilitatore nello scambio tra i neuroni. Il risultato è un cervello più esposto ai danni dell’invecchiamento cerebrale e meno efficiente nel suo funzionamento cognitivo. Tali effetti vengono anche provocati da un altro meccanismo, governato dall’eccesso di zuccheri e cibi non sani: l’inflammaging, ovvero uno stato di infiammazione generalizzata e cronica di tutti i tessuti, che apre la strada a tutte le gravi malattie della seconda metà della vita (cancro, diabete, malattie cardiovascolari, malattie neurologiche comprese le demenze, deficit immunitari). Bel danno, vero?

Gli zuccheri sono insidiosi: ci blandiscono con la loro dolcezza, ci sembrano piccoli peccatucci così efficaci nel tirarci un po’ su il morale. Purtroppo il senso di benessere che procurano dura pochissimo e ha un costo elevatissimo per la nostra salute. Non solo non ci forniscono energie ma ce le tolgono (causano una vera e propria “sbornia” che dà letargia e rallentamento, spossatezza) ma alla lunga insinuano delle forme depressive. Non ce ne accorgiamo, ma siamo forzate ad usarne in quantità sempre maggiori, secondo modalità che nascondono una vera e propria dipendenza. I cibi molto zuccherati attivano le papille gustative della lingua che inviano segnali al cervello, attivando i meccanismi  della “ricompensa” e causando la produzione di neurotrasmettitori associati a sensazioni di benessere, come la dopamina e la serotonina. È questo sistema ad essere responsabile della sensazione di sollievo e relax, consolazione e tranquillità che rende lo zucchero una sostanza dagli effetti simili alle droghe, creando assuefazione e dipendenza. Questo significa che più ne mangiamo, più ne serviranno quantità maggiori per ottenere lo stesso livello di soddisfazione: è infatti l’iperstimolazione dei centri cerebrali della ricompensa a creare la dipendenza. L’assunzione disordinata di zuccheri crea uno stato altalenante della glicemia: dopo l’abbuffata segue un crollo. Questo si riverbera sull’umore: si avvertono stanchezza, ansia, irritabilità, spossatezza. E indovinate un po’? Per rimediare spesso si ricorre di nuovo ad una bella scorpacciata di dolciumi. Il ciclo si ripete inesorabile, le quantità aumentano, il fisico e la mente stanno sempre peggio. Anche lo stato di inflammaging è associato ad un umore depresso (collegato anche ai problemi intestinali che provoca): una condizione emotiva che ovviamente tenderà a conservare e rinforzare la ricerca di cibi dolci, in cerca dell’”euforia” data dallo zucchero e dal comportamento di abbuffarsene.

Come accorgersi della dipendenza? Ne sentiamo il bisogno anche finiti i pasti, quando siamo sazi, e non stiamo tranquilli finchè non ne ingeriamo. Ne andiamo alla ricerca quando ci accade qualcosa di spiacevole durante il giorno, indipendentemente dall’ora o dal senso di appetito. Non ci accontentiamo di un dolcino ma ne mangiamo sempre più di quanto avessimo inizialmente intenzione. Al supermercato devono sempre essere acquistati, privilegiando snack piccoli (stanno in borsa) ma molto dolci e morbidi, che non richiedono masticazione, molto farciti. Ogni giorno devono assolutamente essere consumati: ad un certo punto della giornata (di solito ognuna ha il proprio momento) si presenta alla mente un desiderio fortissimo che non può essere rimandato, diventando quasi ossessivo. Nonostante si conoscano i rischi per la salute o si desideri perdere peso, non si riesce ad interrompere il comportamento, se non per un giorno o due.

Se registrate i comportamenti suddetti, beh, meglio correre ai ripari. Perché si può risolvere il problema e guarire! Un grado importante o severo di dipendenza, uno stato di salute globale non buono, la presenza di disturbi come la PCOS richiedono come primo passo l’intervento della Biologa Nutrizionista. Avere un programma alimentare personalizzato e corretto è certamente primario nel “curare” e riportare in salute il nostro corpo. Ma ha anche un’altra funzione: rassicurarci sul fatto che la voglia di dolce che sentiremo “sicuramente non è fame”. Uno schema bilanciato tiene sotto controllo l’appetito: il bisogno di dolce allora non dovrà farci ricorrere al cibo, perché sicuramente non è di cibo che abbiamo bisogno!! A quel punto si dovranno “imparare” altri comportamenti. La Mindfulness e la psicoterapia sono gli strumenti che permettono di sostituire i vecchi schemi comportamentali (come l’abuso alimentare) con uno stile di vita più libero e sano. I modi di premiarsi e consolarsi possono essere moltissimi. Ci sono anche tutta una serie di buone abitudini da imparare: non dolcificare the, caffè e tisane, utilizzare la frutta come spuntino, abituarsi a comprare al supermercato soltanto quanto scritto su una lista scritta precedentemente, non mangiare mai mentre si è al pc o davanti la tv.

Soprattutto, è vitale occuparsi della propria vita interiore. Che significa comprendere cosa i dolciumi cercano di compensare o far tacere, soddisfacendo finalmente e pienamente i bisogni che si nascondono dentro di noi. È possibile che questa strada ci metta di fronte a rimpianti, delusioni, angosce, sensi di colpa o desideri autentici che abbiamo seppellito.  Ma infine ci libererà dalla schiavitù della dipendenza, accompagnandoci verso una vita più piena e libera. Allora forza, giù le mani dallo zucchero!

 

Autore: Barbara Alessio

Mi chiamo Barbara e sono una psicologa psicoterapeuta psicodiagnosta. Da quasi 25 anni accompagno le persone in percorsi di crescita, cura, sviluppo. Parlo alle donne per aiutarle nel loro cammino, per non lasciarle sole, per ascoltarle, sostenerle, sciogliere i loro dolori e spronarle a prendere in mano la loro vita e la loro salute. Psicologa con iscrizione all'Ordine degli Psicologi del Piemonte n. 1839.

Leggi i commenti (2)

  1. Cara Barbara,
    Ho sentito di parlare di eritritolo, che a differenza della Stevia non ha nessun retrogusto, cosa ne pensi di questo tipo di dolcificante?

    1. Ciao Carlotta.
      Non ci sono particolari avvertimenti per l’utilizzo di eritritolo, l’unico potrebbe essere una controindicazione a livello intestinale per chi soffre di intestino irritabile. Per questo è bene fare attenzione alla quantità, ovvero utilizzarne poco in quanto un uso eccessivo potrebbe provocare dissenteria.

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